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venerdì 26 novembre 2010

Il Natale rimane la festa dei bambini:ecco il mio Natale...da raccontare ai vostri figli e nipoti

Ciao  amiche  ed amici,
ormai Natale  è alle porte.Per me il Natale resta la festa dei bambini.Il mio di Natale,quando ero bambino era  completamente diverso dal Natale di questi anni.Ecco perchè lo ricordo con piacere e anni fà ho composto una poesia dialettale  per le mie figlie in modo che tradizioni,usi,costumi d'un tempo venissero ricordati.Poesia in dialetto Salentino,con la quale descrivo esattamente come si trascorreva il Natale in quegli anni.

Ecco la poesia

NATALE


(dedicata alle mie figlie:Annalisa-Silvia-Stefania)




Fije mei,


lu Natale de tanti anni rretu


quannu iou eru piccinnu comu ui


nautra cosa era.


Nove giurni prima de Natale,


la nuvena ncuminciava


e lu papà osciu


la mmane mprima se zava


e poi tuttu nsunnatu


alla chiesa rriava.


Tu scendi dalle stelle


se cantava e


aria de festa se sintia.






Alla scola poi,


la letterina de Natale sescrivia


e la recita e la poesia se mparava.


La notte de natale,


tutti riuniti nanzi lu cantune


le mengule se cazzaune


e a "chirifì chirifò scicaune.






Lu girnu de natale


cullu vestitu nou


a missa sciane.


A menzatie


la letterina de natale sutta


lu piattu de patrima mintia


li sordi spittava


ca li simenti e li lupini


mera ccattare.






Tante belle cose se mangiaune


ma specialmente le pittule


le cartidrhate e li cunfritti cullu mele.


Nun c'erene tutti li regali de moi


ca tiniti ui a Natale


sutta l'albero:sia ca li regali


se faciune alla festa


della befana,sia ca


nun c'erene li sordi de moi.






Quistu era lu Natale


de lu papà osciu,povero ma bellu:


quannu divintati cranni


cuntatulu puru alli fiji osci



(traduzione)



NATALE


Figlie mie,


il Natale di tanti anni fà,quandoero piccolo come voi, era un'altra cosa.


Nove giorni prima di Natale,incominciava la novena,vostro padre la mattina si alzava presto e arrivava in chiesa assonnato.


Si cantava "tu scendi dalle stelle" e si sentiva aria di festa.


Alla scuola si scriveva la letterina di Natale,si faceva la recita e si impararva una poesia.


La notte di Natale tutta la famiglia era riunita vicino al camino,si schiacciavano i pinoli e si giocava.


Il giorno di Natale,si andava a messa col vestito nuovo.


A mezzogiorno,si metteva la letterina, preparata a scuola, sotto il piatto del papà per fare una sorpresa e si aspettavano i soldini perchè con quelli si comprava i lupini .


Si mangiavano delle ottime pietanze ma soprattutto i dolci tipici del salento:pittule-cartellate e strufoli col miele.


Non c'erano tutti i regali che avete voi adesso sotto l'albero;sia perchè non era usanza farli a Natale ma della festa della befana e soprattutto perchè non si navigava nell'oro.


Questo era il Natale di vostro papà :povero ma bello,.
quando diventerete grandi raccontatelo
ai vostri figli



Avete  capito certamente che non si navigava nell'oro in quegli anni e quanti di voi hanno la mia età hanno anche vissuto quei momenti,ma si era felici e si accontentava  di poco.

Quello che ricordo  ancora adesso con piacere è quel camino acceso e l'odore di quelle pigne,i dolci tipici Natalizi(pittole-cartiddrate-cunfritti) che mia mamma preparava con cura.
Ricordo ancora l'attenzione che si poneva nello scrivere la letterina per il papà,prima in brutta e poi in bella copia, facendo attenzione a non fare errori.
Inoltre si preparava il presepe soprattutto in chiesa e a scuola e  non ricordo in quei tempi d'aver fatto l'albero di Natale.

Mi piacerebbe  amici conoscere i vostri ricordi di quei tempi,ormai passati e che non tornano più.
Un abbraccio a tutti voi.
Gioacchino Vilei

mercoledì 13 ottobre 2010

Mustazzoli,cupeta,nucedrhe.....nel Salento

Ciao amiche ed amici,

Nucedrhe,mustazzoli,cupeta......termini  forse a molti sconosciuti...ma non ai Salentini e a quelle persone non più molto giovani come me.

Ogni festa patronale che si rispetti,oltre alla parazione,alla banda,ai fuochi d'artificio,aveva e ha le "barracche"dove si vende la cupeta...i mustazzoli,le nucedhre-

A Giurdignano veniva   "u Costa"-questo era il suo nome e per far avvicinare la gente alla sua "baracca" gridava"viniti,viniti allu Costa osciu,belle e caute le nucedrhe"
Oppure "Stella"  di Martano che vendeva la "cupeta".....avvicinateve gente,ccattati alla zzita la cupeta.
Si,comprate la cupeta alle fidanzate in quanto era usanza  che il fidanzato,ma anche il marito comprasse la cupeta  alla zzita(fidanzata) o alla mujere(moglie).

Ricordi ed  emozioni  d'un tempo passato...che si ripetono...con altri personaggi   !!!!

Un caro saluto a tutti voi
Gioacchino Vilei

martedì 12 ottobre 2010

L'ape,mezzo di trasporto nel Salento,ancora molto valido

Ciao amici ed amiche,

oggi vi parlo dell'ape......intendo dire del veicolo a tre ruote prodotto dalla Piaggio sin dall'anno 1948,un vero e proprio simbolo italiano unico al mondo.
L'idea mi è nata quest'estate perchè ho visto in giro ancora tantissime "ape"
Penso che anche a voi soprattutto se avete la mia età vi ricordate  questo mezzo,negli anni 60 era piena l'Italia e quindi anche il Salento.
Ma dopo  60 anni  questo mezzo è ancora lì nelle strade del salento,molto usato,molto utile.

Nacque nel 1948, in un'Italia ancora stremata dalla guerra. La carenza di mezzi di trasporto era evidente, ma molti non potevano permettersi l'acquisto di un mezzo a quattro ruote.


Alla Piaggio venne l'idea di costruire un veicolo commerciale su tre ruote: un motofurgone derivato da uno scooter. Il primo modello fu costruito a partire dalla Vespa.


Le prime due serie erano quasi una Vespa a due ruote attaccata ad un rimorchio. In alcuni prospetti di vendita e in taluni mercati venne infatti pubblicizzato come VespaCar o TriVespa. Costava 170.000 lire.


Questo mezzo viene usato ora soprattutto dai contadini per andare in campagna,caricare legna e soprattutto verdure.
Sarà capitato anche a voi di vedere dei venditori ambulanti con l'ape carica di verdura fresca,soprattutto nel Salento.
Ma,l'ape, negli anni 50 veniva uata non solo per la campagna ma anche per spostarsi nei paesi vicini la domenica.
Del resto era uno dei pochi mezzi di trasporto,dopo la bicicletta,la vespa,la lambretta e qualche  macchina che si vedeva in giro.
Insomma,volevo trasmettervi questa mia emozione nel vedere ancora in giro,funzionanti e utili tantissime "ape"

Un caro saluto a tutti voi
Gioacchino Vilei

giovedì 30 settembre 2010

cappelle votive a Giurdignano e nel salento

Ciao amici ed amiche,

eccomi qui con voi,  dopo le vacanze, per parlarvi di un altro argomento.

Sono stato sempre colpito e quest'anno ancora di più delle cappellette votive nel salento a incominciare dal mio paese,Giurdignano.

Ho parlato con qualche persona per capire che cosa abbia spinto una famiglia a fare una cappelletta nella propria casa o in qualche strada.Le motivazioni sono state diverse,ma tutte conducono alla devozione dei Salentini per la Madonna e per vari Santi,come San Giuseppe,San Luigi,San Rocco,il Cuore di Gesù,Sant'Antonio ecc ecc.

Soprattutto negli anni passati,costruendo una casa,queste persone chiedevano l'aiuto ai Santi sia per la costruzione ma soprattutto perchè la casa venisse preservata da ogni male.Mettendo in questa nicchia un Santo si chiedeva la sua intercessione,il suo aiuto.

Camminando per le strade sia di Giurdignano che dei paesini del Salento si vedono tantissime cappellette votive
Spero nei prossimi anni di riuscire,almeno per Giurdignano, a fare un censimento di tutte queste cappellete votive e soprattutto capire meglio il perchè venivano fatte.

E' pur  vero  che tutta l'italia  è piena di cappellette votive,dal nord  al sud e anche all'estero,
costruite ed  elaborate in maniera diversa da regione  a regione e da nazione a nazione.
Tra le foto alla fine  della pagina,oltre alle cappellette votive del Salento, potete ammirare una cappelletta votiva del nord,esattamente,di un paesino vicino Milano,Inzago- e una foto di una cappelletta votiva del canton Ticino,che mi sono state inviate dagli amici Paolo ed Elda.

Amici,amiche,aspetto da voi qualche post dove mi descrivete le vostre esperienze in materia.

Un caro saluto a tutti voi
Gioacchino Vilei

mercoledì 18 agosto 2010

Salento d'amare per il suo mare,sole,natura,paesaggi,storia,cultura e non solo(cliccate qui per vedere il mio video)

Ciao  amici ed amiche
se siete nel salento,guardate il giornale "il quotidiano di Lecce"-Troverete dove andare per le feste patronali e per le sagre.C'è solo l'imbarazzo della scelta.
Guardate il mio video!!!!!!!
Un caro saluto
Gioacchino Vilei

venerdì 26 marzo 2010

Riti e tradizioni Pasquali nel Salento-la fiera dell'Addolorata a Maglie(cliccate per vedere l'articolo del prof Emilio Pannarese)

Ciao amici ed amiche,
il venerdì prima della settimana delle Palme  a Maglie si rinnova da anni la fiera dell'Addolorata.Ricordo che era una tradizione molto sentita sia dai Magliesi che dai Comuni vicini.Anche da noi ragazzi che frequentavamo la scuola a Maglie.Ci si riuniva,dopo la scuola,e si andava a fare un giro tutti insieme in fiera.
Il Magliese,prof Emilio Panarese,ha scritto un articolo molto interessante sull'argomento e vi invi a leggerlo.
Un caro saluto a tutti voi.
Gioacchino Vilei

 http://emiliopanarese.altervista.org/home.html

giovedì 25 marzo 2010

I miei ricordi,da ragazzo,nel Salento, nel periodo Pasquale

Ciao amiche ed amici,
il primo ricordo va a mia nonna che mi faceva la "cuddrura"-un dolce tipico con le uova lesse nel mezzo.
Poi a mia madre che nella domenica delle palme faceva "u panarieddru"(-intersecando le palme con i cioccolatini.Altro ricordo è quello delle uova lesse che si mangiavano a Pasquetta.A dire il vero le uova si raccoglievano prima.Infatti,con il parroco giravo il paese per la benedizione delle case e le famiglie ci davano le uova che il parroco(allora don Francesco)-portava ai laghi alimini dove noi tutti chierichetti ci riunivamo per fare la pasquetta.
Altro ricordo è quello dell'agnello pasquale fatto con pasta di mandorle che la vicina di casa,la Nzina,di solito regalava a mia madre.
Penso che ognuno d voi che legge questo log avrà dei ricordi in merito.Vi sarei grati se voleste inserire dei post.


Un caro saluto a tutti voi
Gioacchino Vilei

martedì 23 marzo 2010

Il pane di San Giuseppe e i suoi simboli(cliccate qui per vedere l'articolo del Prof Emilio Panarese(Magliese) sulle tavole di San Giuseppe

Ciao amiche ed amici,
il pane nella tradizione delle tavole di San Giuseppe nel salento è l'elemento portante.
Ad ogni invitato nella tavola che rappresenta il Santo viene data una ciambella di circa cinque chili.
Ogni ciambella ha un simbolo e più esattamente:
la verga fiorita per San Giuseppe
una corona per quello della Madonna
3 roselline,simbolo della Divina Trinità
un bastone per i Santi maschi
un rosario per i Santi donne

Un caro saluto a tutti voi

Gioacchino Vilei

http://spigolaturesalentine.wordpress.com/2010/03/19/san-giuseppe-e-la-tradizione/

domenica 7 marzo 2010

San Giuseppe cu te l'aggia ansettu(San Giuseppe gradisca il tuo sacrificio)-Cliccate qui per vedere il mio video su questa tradizione

Ciao amiche ed amici,
il tradizionale rito delle tavole di San Giuseppe nel Salento è un rito prettamente religioso.Per approfondire questo argomento  potete guardare il sito internet del Comune di Giurdignano e se volete potete guardare i miei post  in archivio su questo blog,esattamente nel mese di  marzo 2009-


Se vi trovate nel Salento,non potete  fare a meno di vedere questo rito che affascina.,soprattutto a Giurdignano.(Io ci sarò)


Queste sono alcune preghiere che si recitano in occasione del rito  delle tavole.


A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione, ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio, dopo quello della tua santissima sposa. Per, quel sacro vincolo di carità, che ti strinse all'Immacolata Vergine Maria, Madre di Dio, e per l'amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità che Gesù Cristo acquistò col suo Sangue, e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni. Proteggi, o provvido custode della divina Famiglia, l'eletta prole di Gesù Cristo: allontana da noi, o Padre amatissimo, gli errori e i vizi, che ammorbano il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità; e stendi ognora sopra ciascuno di noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mediante il tuo soccorso, possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l'eterna beatitudine in cielo.






O San Giuseppe, padre putativo di Gesù e sposo purissimo di Maria, che a Nazareth hai conosciuto la dignità e il peso del lavoro, accettandolo in ossequio alla volontà del Padre e per contribuire alla nostra salvezza, aititaci a fare del lavoro quotidiano un mezzo di elevazione; insegnaci a fare del luogo di lavoro una 'Comunità di persone', unita dalla solidarietà e dall'amore; dona a tutti i lavoratori e alle loro famiglie, la salute, la serenità e la fede; fà che i disoccupati trovino presto una dignitosa occupazione e che coloro che hanno onorato il lavoro per una vita intera, possano godere di un lungo e meritato riposo.Te lo chiediamo per Gesù, nostro Redentore, e per Maria, Tua castissima Sposa e nostra carissima Madre. Amen




O S. Giuseppe, mio protettore ed avvocato, a te ricorro, affinché m'implori la grazia, per la quale mi vedi gemere e supplicare davanti a te. E' vero che i presenti dispiaceri e le amarezze che sono forse il giusto castigo dei miei peccati. Riconoscendomi colpevole, dovrò per questo perdere la speranza di essere aiutato dal Signore? "Ah! No!" - mi risponde la tua grande devota Santa Teresa – "No certo, o poveri peccatori. Rivolgetevi in qualunque bisogno, per grave che sia, alla efficace intercessione dei Patriarca S. Giuseppe; andate con vera fede da Lui e resterete certamente esauditi nelle vostre domande". Con tanta fiducia, mi presento, quindi, davanti a Te e imploro misericordia e pietà. Deh!, per quanto puoi, o San Giuseppe prestami soccorso nelle mie tribolazioni. Supplisci alla mia mancanza e, potente come sei, fa che, ottenuta per la tua pia intercessione la grazia che imploro, possa ritornare al tuo altare per renderti l'omaggio della mia riconoscenza




Quest'ultima è una preghiera dialettale in occasione della benedizione delle tavole di San Giuseppe




Preghiera
Oh che giubilo oh che llegrezza
A casa vostra ci avere invitati?
Voi farete una cortesia
a lu gran sposu de Maria.

San Bernardinu ve benedice
Quannu lu patre se ota allu fiju
nessuna grazia li negherà.

Questa cena immacolata
de San Giuseppe fu custodita
e tu patrunu de sta casa
sta diuzione cunserverai.


Quannu simu moribondi
quidri de la terra ne bbandonerannu
Quello santo protettore
ci vien ad aiutare.


Ogni periculu ca tu hai
San Giuseppe chiamerai.

San Giuseppe se parte e vene
dà conforto a quello che tu hai


San Giuseppe sai cche vole:
lu veru affettu,e lu propriu core.






Grazie agli amici Vittorio che ha individuato questa preghiera e a Toni che ricordava qualcosa,e in paricolare alcuni versi che sua nonna Vittoria recitava in occasione delle tavole di San Giuseppe)-


E mi raccomando,quando ricevete il pane,non dite grazie alla persona che ve lo dona  ma "San Giuseppe cu te laggia ansettu"(San Giuseppe gradisca il tuo sacrificio)-Questo richiede la tradizione,questo ci hanno insegnato i nostri genitori e i nostri nonni.

Un caro saluto a tutti voi
Gioacchino Vilei

domenica 28 febbraio 2010

Alcune ricette tipiche Salentine per Natale



Amiche ed amici Salentini e non,

ecco alcune ricette tipiche Salentine per il periodo di Natale


Le Pittule*

Le pittule ccè ssuntu, me sai tire?
Nnu picca te farina 'nmienzu all'egliu.

Ma lu Natale nnu sse po' sentire
se mancane le pittule é lu megliu.

Le pittule la sira te Natale le frice
Mama e ieu me le rriggettu!

Ssu bbelle caute e nnu me fannu male
puru se quarchetuna bbrucia 'mpiettu!

Le pittule a Natale ssu dde casa, alli
signuri e alli pezzenti.

Li mangianu li ecchi e li carusi...
la uei nna pittulicchia** Mmamminieddhru miu?

TRADUZIONE

Le "pittule" cosa sono, mi sai dire?
Un poco di farina in mezzo all'olio.

Ma il Natale non si può sentire/apprezzare
se mancano le "pittule" che (sono) il meglio.

Le "pittule" la sera di Natale le frigge
mia Madre e io me le mangio (con grande piacere)!

Le "pittule" a Natale sono di casa, sia dei
signori che a (casa) dei villani.

Le mangiano i vecchi e i giovani...
la vuoi una "pittulicchia" Bambinello mio?

* Le "pittule" sono uno dei tanti piatti poveri della
cucina contadina Salentina. Semplice pasta lievitata
e fritta nell'olio di oliva. Sono un piatto tipico del periodo
natalizio (come li "purceddhruzzi"). Diversamente da questi
però possono essere sia un piatto salato che dolce. Dipende
infatti dall'aggiunta del condimento (salati: filetto di baccalà, capperi
e olive, cavolfiori, oppure dolci: girati appena scolati nello
zucchero o in un poco di acqua e miele, ecc.)



Una ricetta Natalizia Salentina dell'amica Lucia D'Alba

STRUFOLI


INGREDIENTI:
- Kg. 1 di fior di farina
- gr. 200 di olio
- gr. 200 di vino bianco
- 1 arancia (la buccia e il succo)
- 1 bustina di lievito per dolci
- miele
- cannella
- pinoli q.b.



PREPARAZIONE:
Si impasta la farina con i diversi ingredienti e si lavora a lungo. Si formano poi dei maccheroni del diametro di un centimetro da cui si ritagliano dei pezzi lunghi non pi� di un paio di centimetri. Si appoggia ogni pezzo di pasta sul retro di una grattugia o, come si faceva anticamente, su un pettine da telaio e si esercita una leggera pressione con il dito per incavarlo e nello stesso tempo decorarlo. I porceddruzzi si friggono in abbondante olio bollente finch� sono cotti e dorati. Si passano poi in una casseruola dove si e' riscaldato il miele e, dopo averli girati e rigirati per qualche minuto perch� si imbevano bene, si adagiano su un piatto da portata, si spolverano di cannella e si coprono di pinoli.



Altra ricetta Salentina tipica di Natale

CARTIDDRATE

INGREDIENTI:
1 kg di farina "00"-un bicchiere d'olio d'oliva-una buccia d'arancia non trattata-50 gr di zucchero-300 ml di succo di arance(spremute fresche)-acqua q.b.-un pizzico di cannella,facoltativo-un pizzico di sale-abbondante olio per friggere(il mio amico consiglia quello di arachidi)-miele mille fiori per glassare le cartiddrate a piacere-50 gr di anicini(zuccherini colorati)

ESECUZIONE
Far sfumare nell'olio ben caldo la buccia d'arancia,disporre la farina a fontana e versarvi sopra l'olio,privandolo della buccia d'arancia.Passare tutta la farina sfregandola tra le mani in modo che si assorba tutto l'olio omogeneamente.A questo punto unire unire lo zucchero,il sale e se gradite la cannella.Far intiepidire il succo delle arance spremute e incominciare ad impastare il tutto,quindi aggiungere un pò d'acqua tiepida per volta ,sino ad ottenere un impasto liscio ed omogeneo che si riesca a stendere con il mattarello.A questo punto stendere la pasta in una sfloglia sottile,tagliare delle striscie larghe 5 cm e lunghe circa 50.
Piegarle a metà nel senso della lunghezza e pizzicare i bordi della striscia ogni 3 cm dal lato dei lembi aperti,arrotolare ogni nastro su se stesso unendo nei punti lasciati aperti in precedenza come a formare delle rose.
Friggere le cartiddrate poche alla volta in abbondante olio,fino a completa doratura e farle asciugare su carta assorbente,quindi disporle su un piatto,glassarle con il miele scaldato con un filo d'acqua e spolverarle con gli anicini colorati.
Esiste la variante con il vino cotto speziato al posto del miele(personalmente preferisco quelle col miele).
E' meglio prepararle il giorno prima di servirle.Si conservano bene per due settimane in scatole ermetiche.


L'amico Giuliano Longo ci propone un'altra ricetta Salentina Natalizia

PITTULE

INGREDIENTI
1 kg di farina "oo"-un cucchiaio da pasto raso di sale fino(circa 15-20 gr)-1 panetto di lievito di birra fresco-1 cucchiaiio da the di zucchero-600 ml. di acqua circa-abbondante olio per friggere(il mio amico consiglia quello di arachidi)

ESECUZIONE
Sciogliere il lievito nell'acqua tiepida con lo zucchero e il sale,unirvi la farina sino ad ottenere un impasto morbido.Lasciar lievitare l'impasto per circa due ore al caldo.
Adesso attenzione !!!!
Rimescolare un pò l'impasto,prendere una quantità d'impasto che stia in una mano,stringerlo e far fuori uscire tra il pollice e l'indice una pallina,che vi aiuterete a staccare con l'ausilio di un cucchiaio,immergendola subito nell'olio ben caldo.Cuocetene un pò la volta fino a completa doratura,mescolandole in continuazione.
Si dovrebbero ottenere delle frittelline più o meno tonde,che si fanno asciugare su carta assorbente e si servono subito ben calde.
Volendo si possono arricchire con olive nere,cavolfiori,capperi,ma le più buone secondo Giuliano sono quelle semplici che faceva sua nonna.




Altra ricetta tipica Salentina è quella relativa al pesce con pasta di mandorla(a Pasqua si prepara l'agnello con lo stesso procedimento)

Ingredienti:



kg. 1 di mandorle


gr. 800 di zucchero


una bustina di vaniglia


un po' di marmellata di pere.






Preparazione


Sgusciare e privare della pellicina le mandorle (basta immergerle per pochi minuti in acqua bollente). Macinarle insieme allo zucchero, metterle in una pentola e cuocere a fuoco bassissimo sempre rimestando con un cucchiaio di legno.


Quando la "pasta" si staccherà dal fondo della pentola è pronta. Unire la vaniglia e continuare a mescolare con un cucchiaio di legno fino a quando diventerà tiepida. Rivestire la forma di gesso con pellicola trasparente, sistemare la pasta di mandorla dello spessore desiderato, mettere uno strato di marmellata di pere, coprire con la rimanente pasta. Togliere dallo stampo, adagiare su un vassoio di cartone e decorare con confettini argentati e cioccolatini ricoperti di stagnola colorata.

Un abbraccio
Gioacchino Vilei

lunedì 22 febbraio 2010

Cosa scrivono poeti,persone comuni, sulla terra nobile del Salento(cliccate qui per vedere il video)

Il Salento è una terra di miraggi, ventosa; è fantastico, è pieno di dolcezza;
resta nel mio ricordo più come un viaggio immaginario che come un viaggio vero. »
(Guido Piovene - Viaggio in Italia)




Qui le mie giornate sono piene,tranquille,


e s’allungano come niente in nottate serene


Il cielo è sempre chiaro in questo posto,


ha una luminosità persino ammiccante,


le stelle sono vicinissime, l’aria è profumata,


è tremenda complice,un’amante


inafferrabile,di questo mare che,da sempre,


insegue sempre se stesso. (Antonio L.Verri)






E qui,se mai verrai,l’estate


quietamente si sfanno obelischi


e cattedrali come sortilegi


consumano in esilii avventurosi.


Prossimi alle scogliere noi


Parleremo del Sud,dell’Europa,


dell’uggia e del campo di tabacco


che avanza in bilico tra noi e il mondo.


(Vittorio Fiore)


Meridionalità,
stella polare,
aratro abbandonato,oliva nera,
rosario appeso a un chiodo
d’oltremare,
alte foglie di tabacco
e Barocco,barocco d’angeli
per nascondere il pianto
silenzioso dei Morti-di-scirocco
fra il manto di pietra.

(Ercole Ugo D’Andrea)




Il Capo di Leuca (Nunzio Stasi)


Nel mare è disteso il nostro Capo


scheletro antico dal sole bruciato,


propaggine ultima dello Stivale


che qui finisce in dolce crinale.


E' pure una zona molto ventosa,


anche per questo alquanto famosa,


spesso il naviglio non può avanzare,


nella sua rada si va ad ancorare.


Questa terra che è di frontiera


a tutti mostra la bella riviera,


è un ponte ideale verso l'Oriente


di popoli che sono a levante e ponente.


Qui abbiamo spesso un caldo infernale


però il nostro mare ce lo fa sopportare,


d'estate la sera è una medicina


l'aria rinfresca con la brezza marina.


L'inverno è mite come in primavera


sempre magica e strana è l'atmosfera,


numerosi gabbiani volteggiano a sera


perlustrano il mare e la bianca scogliera.


La brulla campagna ha tanti profumi


tutti diversi e mai molto comuni,


è indescrivibile della terra l'odore


mentre rosso sanguigno è il suo colore.


La gente che l'abita è un po' permalosa,


dal cuore grande e assai generosa,


l'ospitalità di qui è proverbiale


nessuno, su questo, appunti può fare.


Vagando per campagne, borghi e paesi


continuamente si rimane sorpresi


da ulivi antichi e nobili ruderi,


pajare, menhir, muretti e tratturi.


Chi è nato qui è fiero e orgoglioso


di vivere in quest'angolo meraviglioso,


è il Capo di Leuca in fondo al Salento


la più bella stella del firmamento.


MARE DE SALENTU/( di Lina Falco)


Quandu lu visciu na favula mi pare/

stu caru stozzu de mare./

E nu suntu cchiui miraggi,/

la visciu l'acqua ddumata de raggi,/

la sentu ddrha rara 'ndore/

comu lu mele 'rrivare allu core,/

chinu de forte sentimentu/

pe' stu beddrhu mare de Salento./

Pare ca m'ave fattu na mmacaria:/

lu quardu e svanisce la smani...a ca tenia./

Na lacrima mi scinde/

cu ll'onda se cunfonde./

Lu pensieru tace./

Iu piju pace./






 



giovedì 11 febbraio 2010

I concerti bandistici(le bande) nel Salento(cliccare qui per vedere il video)


Ciao amiche ed amici,
chi conosce il Salento sicuramente soprattutto d'estate si è imbattuto nelle feste patronali,con le sue luminarie,con i concerti bandistici.
C'è ne sono tantissimi e da ragazzo ricordo il concerto bandistico di Acquaviva delle fonti,città di Lecce,città di Fracagnano ecc .ecc.

Queste cosi dette "banne"allietavano ed allietano il paese e i cittadini.

A differenza di quanto avviene adesso che quasi tutti i loro componenti frequentano il conservatorio,ai miei tempi(parlo sempre degli anni 60)-erano delle persone che amavano la musica ,si diceva che suonavano ad orecchio,che si mettevano insieme nei mesi estivi e giravano tutto il salento,ricco di feste patronali soprattutto nel periodo estivo.
Si sacrificavano,dormivano su delle brandine nei locali messi a disposizione dal comitato organizzatore della festa(quasi sempre nelle scuole)- mangiavano qualche panino,insomma si arrangiavano come potevano.Nei mesi invernali tornavano ai loro lavori

Ora sicuramente è un'altra cosa visto che le distanze tra una città e l'altra non sono più un problema.

Resta questa bellissima tradizione che non deve sparire,forse andrebbe un tantino valorizzata.

Un caro saluto a tutti
Gioacchino Vilei

lunedì 8 febbraio 2010

Lu scazzamurredrhu,monicedrhu,lauru,una credenza salentina

Foto di Andrea Cortese,come immagima lu scazzamurredrhu
Ciao amiche ed amici,
ho promesso al mio amico Michele di scrivere qualcosa su questo "personaggio"(si fa per dire))denominato scazzamurredru.oppure monicedrhu o lauru.

Il mio amico ci crede,anzi afferma d'averlo visto e di sentirlo quasi ogni notte.

Secondo alcune credenze salentine(anche mia mamma me ne ha parlato) lo scazzamurredrhu non è altro che uno spiritello dispettoso che vaga ovunque e si diverte a dar fastidio a chi è intento a lavorare.

Si dice anche che preferisce introdursi nelle stalle ad intrecciare le crimiere dei cavalli.Altri affermano che preferisce posarsi sul seno delle donne ispirando loro sogni sensuali e turbando i loro sogni.
Il suo aspetto:piccolo,gobetto,peloso,con in testa un cappellino.

Si dice anche che lu scazzamurredru diventa umile e bravo se si riesce a prendergli il copricapo e restituendo il cappellino donerà ricchezza e fortuna.

A tal proposito Valentina Avantaggiato,una scrittrice Salentina scrive

"Vagabondando per le campagne del Salento, inebriati dal forte profumo del rosmarino e della salvia, potrebbe capitarvi di scorgere un buffo nanetto con le gote rosse che, sorridente, sgambetta qua e là. E' lo "scazzamurreddhu" salentino. Molti ricercatori meridionali si sono occupati di lui nei loro studi e ne hanno fornito un profilo dettagliato. Non si sa come abbiano avuto queste informazioni, ciò che è certo è che tale folletto, chiamato anche "moniceddhu", "laùru" o "carcaluru", fa parte della nostra tradizione da tempo immemore. C'è chi è pronto a giurare che sia un esserino simpatico e burlone, ma vi è anche chi, al contrario, lo reputa un omino malefico, dedito agli scherzi cattivi e alle diavolerie."

Amici personalmente non ci credo,però crederci non costa nulla....e lascio il mio amico Michele nelle sue convinzioni.

Un caro saluto a tutti voi.
Gioacchino Vilei

venerdì 5 febbraio 2010

Il decalogo dell'accoglienza salentina



IL DECALOGO DELL'ACCOGLIENZA SALENTINA


Il salentino sa che un turista trattato bene si duplica,
uno trattato benissimo si moltiplica all'infinito

Quando una struttura salentina (e in particolar modo un B&B) ospita un turista, gli riserva le stesse cure e le stesse attenzioni che rivolgerebbe ad un parente o ad un amico che non vede da tempo

Quando un salentino vede un turista che consulta una cartina gli si avvicina con cortesia e chiede se può essere di qualche aiuto

Quando un salentino vede entrare nella propria bottega o nel proprio negozio un turista, è sempre gentile e cordiale e, se può, gli riserva un riguardo sotto forma di piccolo omaggio o di uno sconto

Quando un turista chiede ad un salentino informazioni per raggiungere una località, il salentino, oltre ad essere disponibile e chiaro, se può, lo accompagna personalmente a destinazione

Il salentino cerca sempre di essere ben informato e in grado di fornire indicazioni utili sulle località da visitare e sugli eventi che hanno luogo sul territorio, suggerendo, quando occorre, i quotidiani ed i periodici che riportano informazioni dettagliate

Alla richiesta di consigli su località, iniziative ed eventi, il salentino cerca sempre di comprendere i gusti e gli interessi del turista e cerca, ove possibile, di farli coniugare con gli aspetti tipici e peculiari del territorio

Il salentino ascolta sempre i consigli, i suggerimenti e le osservazioni del turista, nell'intento comune di migliorarsi e di elevare al massimo la qualità dei servizi offerti

Il salentino, se può, non fa mai ripartire un turista senza fargli dono di un pur piccolo simbolo che testimonia la generosità e l'unicità di questa terra

Il salentino conserva sempre i recapiti dei suoi ospiti e, oltre ad inviare auguri e saluti nelle ricorrenze più importanti, lo invita cordialmente a ritornare nel Salento, magari insieme a nuovi amici e parenti.


http://www.repubblicasalentina.it/decalogo.html

mercoledì 3 febbraio 2010

Il tombolo,i lavori a tombolo i ricami nel Salento

Questa era la cascia di mia madre che conservo ancora a Giurdignano

Ciao amiche ed amici,
le ricamatrici nel Salento rappresentano una pagina di storia importante nel Salento.
E mi riferisco a chi lo faceva per mestiere,per vivere,perchè poi quasi tutte le ragazze sapevano ricamare e si facevano il corredo.All'età di 14 anni i genitori comperavano il baule la cosidetta "cascia"-che veniva riempita dal corredo che man mano acquistavano o producevano.
Il lavoro,ricamo a tombolo era ed è quello che richiede più cura e bravura.
Difficile stabilire con esattezza il termine per indicare questo mestiere; molti lo chiamavano “lavoro a tombolo” per la forma cilindrica del grosso cuscino sul quale le donne svolgevano un paziente ed attento lavoro.
Questo consisteva nel “cucire” e nell'intrecciare”, inserendo tra tantissimi spilli, il cotone di vari colori.

Ovviamente seguivano le indicazioni del cliente. Ma la gran prevalenza del lavoro del lavoro veniva svolto per realizzare dei centri tavolo, delle grandi tovaglie e a volte anche dei copriletto.
Quasi sempre alla fine del lavoro vi era l’aggiunta di un orlo di completamento che poteva essere assimilato al ricamo già effettuato.
Le donne che si dedicavano al “tombolo” non erano poche, ma il loro guadagno era modestissimo, tanto da arrotondare le già scarse entrate del marito, occupato da lavori saltuari.

Andando nel salento ora(a Giurdignano c'è una mia cara amica d'infanzia)-non è difficile incontrare ancora donne che fanno il tombolo,soprattutto durante l'estate,mentre sono sedute fuori dall'uscio di casa a prendere il fresco.
Sono lavori pregiati richiestissimi da donne soprattutto del nord.

Voglio trascrivere a proposito una bellissima poesia dialettale di un poeta Salentino,Antonio Damiano,tratta dal suo libro

"voci del Salento"


"LU RICAMU COMU POESIA"

Dha vecchiareddha ncora me ricordu,
dhe mani sverte comu do' sciuscitte,
ca se l'eri ppacare nunn'ia sordu,
e senza bisognu cu cuarda carte scritte.

Te l'arte t'u ricamu sta vve ticu
ca era tutta a vita pe' dha nunna
e tra puntu modernu e puntu nticu,
cu dhe cose nun'ha ulutu sfunna.

Lassavi l'occhi nfacce ddhi lavori,
te pariene versi te na poesia,
e nc'era gente t'u paese e te fori
ca cu se li ncaparra scia e vvinia.

E n'ha scuruti mirici e serate
cu ccuntenta tutte e meiju signure,
te tante cose belle nnamurate,
puru ca nce l'iune pacare ddh'ure.

L'occhi nu l'hannu ccumpagnata,
s'ha chiusu dhu libru te poesia,
nu' scrive cchiui l'acu te ddha fiata:
dha vecchiareddha era mamma mia.

(3 classificata al concorso nazionale "il faro" di San Pietro vernotico (BR)

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Un caro saluto a tutti voi
Gioacchino Vilei

lunedì 1 febbraio 2010

Salento:Porto Badisco (Lecce)



Porto Badisco è un piccolo centro abitato da pescatori, molto frequentato nel periodo estivo da un turismo internazionale. Sorge tra "Punta Scuru" a nord e "Capo Palascia" a sud, nei pressi di Otranto. Porto Badisco è una stupenda caletta naturale della costa salentina, una piccola convalle che degrada lentamente verso il mare e forma un porticciolo naturale. Secondo la leggenda narrata da Virgilio Porto Badisco è la prima sponda adriatica toccata da Enea nel suo viaggio in Italia, in fuga da Troia. Badisco rappresenta oggi uno dei rari esempi di costa alta ancora integra dell'Italia peninsulare. Sono evidenti i fenomeni carsici ed erosivi: calette e anfratti ricchi di particolari geologici di spettacolare bellezza, come la Marmitta dei Giganti, una flora ricca di piante medicinali, una fauna selvatica nidificante, arricchita da passaggi migratori.
A Porto Badisco si trova la famosa "Grotta dei Cervi" un complesso ipogeo, che quattro millenni fa ospitò i primi abitanti della zona. Questo anfratto sotterraneo lungo tre chilometri è diviso in tre tronconi e racchiude migliaia di iscrizioni, dipinti di mani, di cacciatori, di soli e pettini che decorano con una vivacità che ancora oggi stupisce. Probabilmente sono grotte formate da un fiume, ora scomparso. Milioni di anni fa, lo scorrere delle acque erose la roccia. Quattromila anni fa, una comunità trovò rifugio e si stabilì per parecchio tempo. Scene di caccia, impronte personali e simboli che interessano archeologi e paleontologi di tutto il mondo sono rimaste a testimonianza della presenza umana. Reperto importante sia per i motivi di datazione della presenza umana, sia artisticamente, gli ideogrammi parietali, i graffiti, i simboli raffigurati in queste cavità sono delle vere e proprie opere di arte del periodo paleolitico. Il tempo non le ha scalfite e i loro colori sono vivaci. Questa scoperta è stata fatta nel 1970 ed oggi è chiusa al pubblico.

sabato 30 gennaio 2010

Giurdignano,la sua storia-video di Gioacchino Vilei e foto di Renato D'Aurelio(cliccate qui per vedere il video)


Cenni storici di Giurdignano(tratto dal sito di internet del Comune di Giurdignano)

Giurdignano è un luogo dalle antichissime origini. Frequentato in epoca romana, come testimoniano i resti di una necropoli di età imperiale del II-III secolo dopo Cristo rinvenuta in località Cantalupi, divenne uno dei luoghi d'elezione dei monaci italo-greci che qui hanno lasciato preziosissime testimonianze. In seguito fu un ambito feudo con castello. Nel 1192 Tancredi D'Altavilla, Conte di Lecce e Re di Sicilia infeuda Giurdignano a Niccolò De Noha a cui succede, il figlio Guglielmo che nel 1269 viene privato del feudo da Carlo 1° D'Angiò che lo dona a Erardo Fremi da cui passa nel 1272 a Filippo De Tuzziaco. A lui successe il figlio Ezelino, quest'ultimo morì subito dopo ed i parenti non vollero venire in Italia per prendere possesso dei suoi beni. Per tanto - con regio diploma del 23 gennaio del 1273 - i beni furono devoluti in toto alla Regia Corte. Fu Filippo d'Angiò ad infeudare Giurdignano al suo medico personale Giacomo Pipino, feudo confermato poi da Re Carlo II d'Angiò. Nel 1323 a Giacomo Pipino subentrò Guidone Sambiasi che sposò in prime nozze Filippa di Roberto Cerasoli da cui ebbe sei figli: Letizia, Megalia, Violante, Roberto (che fu Barone di Melpignano e Torchiarolo) Rinaldo, Filippo (che fu Barone di San Vito e Torchiarolo e sposò in seconde nozze, nel 1334, Caterina dell'Antoglietta).
A Guidone succedette Rinaldo che sposò Giovanna di Belloluogo, la loro figlia Antonella vendette infine il feudo, nel 1340 a Giovanni Filippo Santacroce. Nel 1373 Giovanni Filippo vendette Giurdignano a Giacomo Venturi, il quale nel 1349 aveva sposato Antonella Sambiasi. Alla sua morte gli succedette il figlio Leonardo detto "Monaco" il quale sposò Filippa Carmignano, uno dei loro figli, Roberto sposò Elisabetta Dell'Acaya. Fu Giovanni Antonio Orsini del Balzo a sottrarre il feudo ai Venturi per poi cederlo, nel 1439,a Margherita Dell'Acaya che lo acquistò per conto del figlio Buzio De Noha di cui era tutrice. Quest'ultimo ricevette la formale investitura del feudo di Giurdignano dal Re di Napoli Alfonso d'Aragona. Alla morte di Buzio (27/12/1466) gli succedette il figlio Antonello a cui il feudo fu confermato dalla Regia Corte il 15 settembre 1467. A lui successe il figlio Niccolò avuto dal matrimonio con Antonia di Raffaele Maremonti, la formale investitura avvenne nel 1472. Niccolò Sposò Lucia Maremonti da cui nacque Giovanni Vincenzo che gli succedette. Per poi vendere Giurdignano a Giovanni Paolo Rondachi nel 1555. Il figlio di quest'ultimo Bernardino lo rivendette nel 1564 a Cesare De Ponte con patto de retrovendendo. Il feudo ritornò infatti a Bernardino Rondachi che lo vendette definitivamente nel 1568 a GiovanbattistaMatino. Quest'ultimo morì nel 1579 e il feudo di Giurdignano passò al figlio Vittorio che - come risulta dall'atto notarile redatto da Notar Cesare Pandolfo il 2 novembre 1584 - lo vendette per 9.200 ducati di carlini d'argento, ma con patto de retrovendendo, a Scipione Santabarbara. Nel 1586 il feudo ritornò a Vittorio Matino che lo rivendette definitivamente e libero da ogni patto ad un suo creditore: Giovanni Bernardino Saetta. Non passano nemmeno dieci anni (1598) che Giovanni Bernardino Saetta rivende Giurdignano con patto de retrevendendo a scadenza decennale ad Orazio Vignes Barone di Pisignano. Il Saetta non esercitò il suo diritto de retrovendendo per cui il Barone Vignes vendette il 18 settembre 1597 a Niccolò Prototico per la somma di 6.900 ducati di carlini d'argento. Alla morte di Niccolò il feudo passò al primogenito Francesco che sposò nel 1622, Maria Castriota Scanderberg. Francesco morì l'8 settembre 1662, gli succedette Antonio, uno dei suoi otto figli. Antonio morì il 2 aprile 1680 e gli succedette il primogenito Giuseppe che sposò Eleonora Trane dei Duchi di Corigliano. Delle due figlie Antonia Maddalena gli succedette per poi sposare Carlo Alfarano Capece, Barone di Lucugnano e Conte di Ugento al quale portò in dote il feudo. Fu il secondogenito Antonio a succedere nel feudo, alla morte di quest'ultimo (1777) gli succedette il figlio Francesco. Alla sua morte (1793) gli succedette il figlio Benedetto l'ultimo signore di Giurdignano che si ritrovò nell'epoca dell'eversione dalla feudalità. Ancora Oggi, Giurdignano, conserva alcune delle più antiche tradizioni del Salento.
Per ulteriori informazioni su Giurdignano www.comune.giurdignano.le.it/

La natura nel salento-video di Gioacchino Vilei e foto di Renato D'Aurelio(cliccate qui per vedere il video)



Saluto e ringrazio l'amico Renato per queste bellissime foto

Un abbraccio
Gio'

Il frantoio ipogeo di Giurdignano-video di Gioacchino Vilei con foto di Renato D'Aurelio(cliccate qui per vedere il video)

proverbi e modi di dire salentini-secondo video di Gioacchino Vilei8cliccate qui per vedere il video)

mercoledì 27 gennaio 2010

Raccolta delle ricette salentine di una volta pubblicate in questo blog


Ciao amiche ed amici,
premesso che potete trovare nel blog le ricette singole,confrontando l'indice,ricche anche di osservazioni,commenti e video,per comodità ho raccolto in questo spazio tutte le ricette pubblicate.

Un caro saluto a tutti voi.

Gioacchino Vilei


RISU CULLE SCARCIOPPULE ALLU FURNU
(a cura dell'amico cuoco Giuliano Longo)

Ingredienti: 500 gr di riso, 1 cipolla,8 carciofi,formaggio grattugiato,2 litri circa di brodo,olio salentino

Pulire i carciofi privarli del fieno (è la parte interna del carciofo che ricorda il fieno per via di tutti i filini) e tagliarli a spicchi,lasciandoli un po’ a bagno con acqua,succo di limone e un pugno di farina bianca,per farli perdere un po’ del loro gusto amarognolo,pulire la cipolla e tritarla finemente,mettere l’olio in una teglia da forno dai bordi alti,e aggiungere la cipolla,farla dorare e quindi spadellare dentro i carciofi,aggiungere il riso e farlo tostare,a questo punto coprire con il brodo già bollente il riso,per due dita sopra,aggiungere il formaggio grattugiato(volendo si può aggiungere anche della mozzarella tritata per arricchire il gusto),e si inforna a forno già caldo a 180 °C fino a che il riso non sarà cotto,eventualmente si controlla la cottura e se occorre si aggiunge un po’ di brodo per completarla,una volta cotto il riso in superficie dovrà risultare croccante.



POLPETTE AL SUGO ALLA GIO'
(a cura di Gio' Vilei)


Ingredienti:

½ kg di Carne macinata ( maiale, oppure mista maiale e vitello)
5 cucchiai Pangrattato ( 1 per ogni 100 gr di carne)
2 uova intere
Q.b. Sale, Prezzemolo, Sugo-peperoncino-orecchette
2 cucchiai Parmigiano grattugiato
mezzo bicchiere di vino rosso

Preparare del sugo, la quantità la stabilite voi, in considerazione anche dell'eventuale pasta da condire.
Impastare mezzo kg di carne macinata con 5 cucchiai di pangrattato ( un cucchiaio ogni 100 gr di carne), 2 cucchiai di parmigiano, 2 uova intere,del prezzemolo tritato e del sale.

Lavorare il tutto sino ad ottenere una buona amalgama; se l'impasto risulta troppo morbido potete aggiungere un altro po' di pangrattato se troppo duro un goccio di vino rosso.
Preparare delle polpette della grandezza che preferite, più o meno come la grandezza di un pomodorino,ungendovi le mani col vino rosso durante l'impasto e la preparazione.

Quando sono tutte pronte fate rosolare in una padella l'olio con dei pezzetti di cipolla e dopo versate le polpette e appena queste son dorate versate la salsa di pomodoro e fate cuocere per circa mezz'ora.

Fate cuocere a parte le orecchette e conditele con le polpette e il sugo di cui sopra.
Buon appetito




Orecchette alle cime di rapa.
(a cura di Gio' Vilei)

INGREDIENTI PER 4 PERSONE

- 400 g di orecchiette
- 400 g di cime di rapa
- 4 cucchiai di olio extravergine di oliva
- 2 spicchi di aglio
- circa 7 o 9 filetti di acciuga sotto sale o sott'olio
- sale e peperoncino

Prima pulite le cime selezionandole dal gambo e lasciando qualche foglia piccola.

Lavate accuratamente ciò che avete selezionato.

Tagliate a cubetti l'aglio e fatelo rosolare a fuoco molto basso nell'olio extravergine di oliva possibilmente del Salento utilizzando una padella grande.

Aggiungete le acciughe spezzettate e fatele sciogliere schiacciandole con un cucchiaio di legno.

Versate le orecchiette in acqua salata bollente e dopo circa 8 minuti unite le cime di rapa e portate a termine la cottura preferibilmente sia la pasta che le verdure dovranno essere al dente.

Scolate le orecchiette e cime e versatele nella padella con l'olio e fate saltare per 1 minuto e servite condendo con peperoncino abbondante.

Un consiglio:potete anche surgelare le cime di rapa già cotte e utilizzarle per la volta successiva qualora fossero abbondanti.



STRUFOLI
(ricetta Natalizia Salentina dell'amica Lucia D'Alba)


INGREDIENTI:
- Kg. 1 di fior di farina
- gr. 200 di olio
- gr. 200 di vino bianco
- 1 arancia (la buccia e il succo)
- 1 bustina di lievito per dolci
- miele
- cannella
- pinoli q.b.



PREPARAZIONE:
Si impasta la farina con i diversi ingredienti e si lavora a lungo. Si formano poi dei maccheroni del diametro di un centimetro da cui si ritagliano dei pezzi lunghi non pi� di un paio di centimetri. Si appoggia ogni pezzo di pasta sul retro di una grattugia o, come si faceva anticamente, su un pettine da telaio e si esercita una leggera pressione con il dito per incavarlo e nello stesso tempo decorarlo. I porceddruzzi si friggono in abbondante olio bollente finch� sono cotti e dorati. Si passano poi in una casseruola dove si e' riscaldato il miele e, dopo averli girati e rigirati per qualche minuto perch� si imbevano bene, si adagiano su un piatto da portata, si spolverano di cannella e si coprono di pinoli.





CARTIDDRATE
(altra ricetta Natalizia del Salento di Lucia D'Alba)

INGREDIENTI:
1 kg di farina "00"-un bicchiere d'olio d'oliva-una buccia d'arancia non trattata-50 gr di zucchero-300 ml di succo di arance(spremute fresche)-acqua q.b.-un pizzico di cannella,facoltativo-un pizzico di sale-abbondante olio per friggere(il mio amico consiglia quello di arachidi)-miele mille fiori per glassare le cartiddrate a piacere-50 gr di anicini(zuccherini colorati)

ESECUZIONE
Far sfumare nell'olio ben caldo la buccia d'arancia,disporre la farina a fontana e versarvi sopra l'olio,privandolo della buccia d'arancia.Passare tutta la farina sfregandola tra le mani in modo che si assorba tutto l'olio omogeneamente.A questo punto unire unire lo zucchero,il sale e se gradite la cannella.Far intiepidire il succo delle arance spremute e incominciare ad impastare il tutto,quindi aggiungere un pò d'acqua tiepida per volta ,sino ad ottenere un impasto liscio ed omogeneo che si riesca a stendere con il mattarello.A questo punto stendere la pasta in una sfloglia sottile,tagliare delle striscie larghe 5 cm e lunghe circa 50.
Piegarle a metà nel senso della lunghezza e pizzicare i bordi della striscia ogni 3 cm dal lato dei lembi aperti,arrotolare ogni nastro su se stesso unendo nei punti lasciati aperti in precedenza come a formare delle rose.
Friggere le cartiddrate poche alla volta in abbondante olio,fino a completa doratura e farle asciugare su carta assorbente,quindi disporle su un piatto,glassarle con il miele scaldato con un filo d'acqua e spolverarle con gli anicini colorati.
Esiste la variante con il vino cotto speziato al posto del miele(personalmente preferisco quelle col miele).
E' meglio prepararle il giorno prima di servirle.Si conservano bene per due settimane in scatole ermetiche.



PITTULE
(altra ricetta tipica natalizia Salentina a cura di Giuliano Longo)


INGREDIENTI
1 kg di farina "oo"-un cucchiaio da pasto raso di sale fino(circa 15-20 gr)-1 panetto di lievito di birra fresco-1 cucchiaiio da the di zucchero-600 ml. di acqua circa-abbondante olio per friggere(il mio amico consiglia quello di arachidi)

ESECUZIONE
Sciogliere il lievito nell'acqua tiepida con lo zucchero e il sale,unirvi la farina sino ad ottenere un impasto morbido.Lasciar lievitare l'impasto per circa due ore al caldo.
Adesso attenzione !!!!
Rimescolare un pò l'impasto,prendere una quantità d'impasto che stia in una mano,stringerlo e far fuori uscire tra il pollice e l'indice una pallina,che vi aiuterete a staccare con l'ausilio di un cucchiaio,immergendola subito nell'olio ben caldo.Cuocetene un pò la volta fino a completa doratura,mescolandole in continuazione.
Si dovrebbero ottenere delle frittelline più o meno tonde,che si fanno asciugare su carta assorbente e si servono subito ben calde.
Volendo si possono arricchire con olive nere,cavolfiori,capperi,ma le più buone secondo Giuliano sono quelle semplici che faceva sua nonna.




I pezzetti de cavallu
(ricetta dell'amico Giuliano Longo)


INGREDIENTI:
2 kg di polpa di cavallo,meglio anche se c'è un pezzo di muscolo,10 foglie di alloro,una cipolla(c'è chi usa l'aglio)-1- peperoncino secco,olio buono del Salento o extra vergine d'oliva,un cucchiaio di pepe in grani,100 gr di conserva di pomodoro(doppio concentrato)-

ESECUZIONE
Prendere una casseruola,riempirla d'acqua fredda,mettere la carne,parte dell'alloro e il pepe in grani,salarla leggermente e far cuocere la carne fino a metà cottura,per circa un'ora e mezzo;schiumare l'acqua durante questa fase di cottura,scolare la carne,sciacquarla sotto l'acqua corrente e tagliarla a fette dello spessore di un centimetro circa e larghe circa 7-8 centimetri.
Quindi,prendere un'altra casseruola ,mettere mezzo bicchiere d'olio,far imbiondire la cipolla tritata(o aglio) insieme al peperoncino,versare dentro la conserva e farla soffrigere un pò,unire il restante alloro,4-5 mestoli d'acqua,portare ad ebollizione e unire i pezzetti di cavallo,aggiustare di sapore salando e farli cuocere finchè la carne non risulterà cotta.
Se durante la cottura il sugo dovesse asciugarsi troppo,aggiungere ancora un pò d'acqua.
Importante che a fine cottura il sugo rimasto abbia la consistenza di una salsa al pomodoro.



PIMMITORI SCATTARISCIATI
(ricetta dell'amico Giuliano Longo)


Si può fare in qualsiasi periodo dell'anno,a me piace invece immaginare l'inverno e un caminetto per questa ricetta
Se è possibile usate i pomodori invernali a fietta,ma vanno bene anche i pomodorini(per gli amici Milanesi dico che possono trovarli nelle bancarelle gestite da Pugliesi dei mercati rionali).E' anche evidente che va bene anche il forno per chi non ha la possibilità di avere un camino

Ricetta

lavare e asciugare i pomodori.In un tegame scaldare l'olio(possibilmento quello del salento).Bucare i pomodori con una forchetta e metterli nella padella quando l'olio è ben caldo e fumante.Chiudere la padella con il coperchio.A metà cottura aggiungere il peperoncino
A parte tagliare delle fette di pane(possibilmente Pugliese di Altamura)-arrostire appena appena al forno o sulla brace del camino.
Cospargere con l'uso di un cucchiaio i pomodori e l'olio sul pane e buon appetito.

Vi confido che questa è una mia pietanza preferita la domenica sera nei mesi invernali,insieme alla minestrina che io chiamo "pappa da grandi".Ma di quest'altra ricetta vi parlerò in seguito.


LA PAPARINA
(altra ricetta dell'amico Giuliano Longo)

Gli anni dopo la guerra sono stati difficili per tutti.Nel salento i nostri genitori,cercavano di sbarcare il lunario e a proposito.....cercavano di preparare un buon piatto con le risorse della terra:la paparina.
Checos'è?
E' la piantina del papavero rosso,che si raccoglie nei campi dalla fine di gennaio alla metà di aprile circa,prima che produca il fiore perchè a tal punto non sarà commestibile.
Con questa paparina i nostri genitori un tempo preparano un piatto per mangiare....oggi diciamo che si può preparare con uno spirito diverso.Infatti si può unire l'utile al dilettevole.Si può programmare una passeggiata nei campi,all'aria aperta per raccogliere la paparina e poi dilettarsi a preparare la ricetta che vi trascrivo.Colgo l'occasione per ringraziare l'amico Giuliano che ,pur vivendo attualmente al nord pe lavoro,non dimentica gli insegnamenti dei suoi genitori e ha sempre nel cuore il salento,in questo caso la cucina salentina.

Ricordate anche che c'è un detto che dice
"A paparina se oi cu te sape bona,paparina cu la cicora.Insomma quando andate a fare una passeggiata ricordate di raccogliere la cicoria di campagna insieme alla paparina,perchè insieme sono il massimo.

Ricetta

Ingredienti
Paparina,cicuredre(poche solo per ingentile il piatto-qualche coda di finocchio-olio d'oliva del salento-cipolla e peperoncino-olive nere paesame in salamoia,sale.)

Esecuzione
Mondare e lavare sia la paparina che le cicuredre(lasciarle prima nell'acqua fredda per farle addolcire un pò)

In una pentola capiente mettere l'olio in base alla quantità di verdura da cuocere,unire la cipolla tagliata in una Julienne sottile e un peperoncino anche secco,far dorare la cipolla e poi un pò alla volta unire le verdure,sempre mescolando in modo da farle passare tutte nell'olio;per ultimo unire le code di finocchio e un pò d'olive nere.A questo punto unire un pò d'acqua,salare e far cuocere il tempo necessario finchè le verdure non risulteranno tenere.


I MURSIFRITTI O LA PANECOTTA
(ricetta dell'amico Giuliano Longo)

E'una ricetta povera,utilizzando tutti gli avanzi del giorno prima.Vi posso assicurare che parecche persone,allora,tanti anni fà,si sfamavano con questo piatto.Ricordo ancora mia nonna quando la preparava,soprattutto come colazione al mattino prima di andare in campagna,nel periodo invernale e la chiamava "i mursifritti"-Accendeva il fuoco, e sutta lu cantune mintia la farsura.

Dedichiamo questa ricetta a quanti ricordano quei tempi e a quanti volessero adoperarsi per realizzala,certamente con uno spirito completamente diverso.

Ingredienti(quelli che si hanno a portata di mano avanzati dal giorno/i prima)


legumi già cotti(fagioli o piselli)-cicorie di campagna(cicuredre)-pasta -rape-2/3 friselle spezzettate-olio d'oliva-acqua e sale quanto basta.


Preparazione

In una pentola capiente,mettere tutti gli ingredienti sopra descritti,velarli d'acqua,salare,aggiungere olio d'oliva e mettere a fuoco dolce in modo che cuocia tutto lentamente,coprendo la pentola con un coperchio.

Lasciar cuocere senza mai mescolare.Solo quando l'acqua sarà del tutto assorbita,cominciare a mescolare sino a quando sul fondo della pentola comincerà a formarsi una crosticina che non dovrà bruciare,per non far prendere il sapore di fumo alla pietanza.

Provate!!!!!!!

Buon appetito




LA SCAPECE GALLIPOLINA
(a cura di Palma D'Onofrio)

Un po' di storia a cura di Palma D'Onofrio)
La scapece Gallipolina è piatto tipico della città di Gallipoli. Per alcuni il nome “scapece” viene da “esca di Apicio”, da Apicio Marco Gario, il gastronomo romano dell’età augustea che fece preparare per primo la scapece. Per altri invece proviene dall’arabo sikbag, che vuol dire pesce marinato. Nelle dispense delle famiglie non mancava mai. La scapece è infatti nata dall’esigenza di conservare il pesce e far fronte ai lunghi periodi di carestia. Il consumo di scapece è strettamente legato alle feste tradizionali e alle fiere.


Il necessario
I pesci adoperati sono: zezzo (pupiddhu, masculari e fimmineddhe), garizzo (masculari e fimmineddhe), latterini (minocia e trenula) boghe piccole (ope).
Gli altri ingredienti: pan grattato ricavato dal pane di grano duro decorticato ed essiccato fino ad ottenere una colorazione giallognola, aceto, zafferano.

Procedimento
Ecco la ricetta secondo i canoni della tradizione.
Il pesce che deve essere freschissimo viene selezionato in modo da scartare gli esemplari maltrattati e i residui di alghe. Quindi viene fritto in olio d’oliva abbondante. Poi sistemato nelle calette, i mastelli di castagno provenienti dalla Calabria.
Il pangrattato che deve avere un aspetto grossolano, sbriciolato viene imbevuto di aceto e zafferano.
Nel mastello di legno si creano strati di pesce e pane allo zafferano e aceto e così via, fino ad arrivare all’orlo. Il pesce è pronto per il consumo dopo qualche giorno.


PAMPASCIUNI
(RICETTA DELL'AMICO GIULIANO LONGO)

i pampasciuni(in barese lampascioni)-appartengono alla famiglia dei cipollotti.Giuliano,un amico cuoco Giurdignanese mi ha inviato una ricetta che ora vi trascrivo.

Sono delle ricette povere con i frutti della terra.Subito dopo la guerra ,non c'era da mangiare e gli anziani di Giurdignano raccontano che si sfamavano proprio raccogliendo questi pampasciuni,o le cicuredrhe,o le cozze piccinne e le cozze municedrhe.Adesso tutte queste cose sono pregiate e addirittura hanno un costo eccessivo.

E andiamo alla ricetta,ma non solo perchè i pampasciuni si possono conservare e al momento opportuno servirli come antipasto.

Tra le altre cose quello dei pampasciuni,è un piatto tra quelli della tavola di San Giuseppe di cui vi ho già parlato nei post precedenti.



INGREDIENTI

1 kg di pampasciuni

aceto bianco

sale e olio quanto basta



PROCEDIMENTO

Pulire i pampasciuni privandoli dalle pellicine superficiali;lavarli bene e quindi versarli in acqua bollente facendoli bollire per qualche minuto,in modo che rilascino parte del loro liquido gelatinoso.Quindi scolarli,lavarli ancora e se occorre togliere parte delle pellicine che si staccano.

A questo punto mettere a bollire l'acqua salata e acidulata in percentuale del 20% di aceto(5 litri d'acqua- 1 -litro d'aceto)oppure in base a i gusti si può aumentare o diminuire la quantità di aceto.Se si fannno per essere invasati e conservati sott'olio la quantità di aceto deve essere superiore,perchè questo funge da conservante.

Non appena l'acqua stacca il bollore,versare i pampasciuni e farli cuocere fino a quando non risulteranno teneri pungendoli con la forchetta.Se si devono invasare è consigliabile lasciarli un pò duri perchè in questo caso li cuoce l'aceto.

Scolarli e asciugarli bene col canovaccio,quindi,prendere un vasetto di vetro sterilizzato in forno caldo,invasarli e coprirli con olio del salento.Si conservano bene per circa un anno.





n.b.

Agli amici Milanesi dico che i pampasciuni li possono trovare in quasi tutti i mercati rionali,soprattutto in febbraio,marzo.Se vi capita di essere nel Salento nel mese di marzo,il primo venerdì ad Acaya(frazione di Vernole)un comune vicino lLecce c'è proprio la sagra te lu pampasciune.
Altrimenti giorno 19 marzo a Giurdignano potete trovare questa pietanza tra le pietanze delle tavole di San Giuseppe.




Altra ricetta LA PUCCIA,TIPICO PANE SALENTINO(LA TRADIZIONE VUOLE CHE SI PREPARI LA VIGILIA DELL'IMMACOLATA,ANCHE SE ADESSO D'ESTATE CI SONO DIVERSE SAGRE DELLA PUCCIA)


Ingredienti
# 1 kg farina
# 1 e 1/2 bicchiere di olio extra vergine di oliva (pugliese!)
# 1 cubetto di lievito di birra
# acqua
# sale
# 2 cipolle
# 8 pomodori
# 300 gr olive nere
# capperi
# origano
# peperoncino

Preparazione

Impastare la farina con acqua, lievito, sale e 1 bicchiere di olio extravergine di oliva. Dovete inmpastare al punto che sembri pasta per pizza. Lasciare lievitare 2 ore. Prendere una padella e fare soffriggere la cipolla tagliata a fette spesse, l’origano e il peperoncino. Aggiungere i pomodori tagliati a cubetti e lasciare cuocere circa 15 minuti. Togliere dal fuoco e aggiungere le olive intere e i capperi. Accendere il forno a 250°. A questo punto occorre versare il sugo nell’impasto e mischiare. Se l’impasto risulta troppo liquido, aggiungere un po’ di farina. Fare delle focaccine un po’ spesse e del diametro di circa 10/15 cm.
Disporre le focaccine su una teglia precedentemente infarinata e lasciar cuocere per circa 40 minuti.

Risu culle scarcioppule(riso con i carciofi)-ricetta salentina dell'amico Giuliano Longo




Carissimo Gion,

Veniamo alla ricetta che ti avevo promesso,siccome è stagione di carciofi ho pensato allu risu cu lle scarcioppule ca me facia a mamma mia quannu stia a Giurdignanu.

RISU CU LLE SCARCIOPPULE ALLU FURNU

Ingredienti: 500 gr di riso, 1 cipolla,8 carciofi,formaggio grattugiato,2lt circa di brodo,olio salentino

Pulire i carciofi privarli del fieno (è la parte interna del carciofo che ricorda il fieno per via di tutti i filini) e tagliarli a spicchi,lasciandoli un po’ a bagno con acqua,succo di limone e un pugno di farina bianca,per farli perdere un po’ del loro gusto amarognolo,pulire la cipolla e tritarla finemente,mettere l’olio in una teglia da forno dai bordi alti,e aggiungere la cipolla,farla dorare e quindi spadellare dentro i carciofi,aggiungere il riso e farlo tostare,a questo punto coprire con il brodo già bollente il riso,per due dita sopra,aggiungere il formaggio grattugiato(volendo si può aggiungere anche della mozzarella tritata per arricchire il gusto),e si inforna a forno già caldo a 180 °C fino a che il riso non sarà cotto,eventualmente si controlla la cottura e se occorre si aggiunge un po’ di brodo per completarla,una volta cotto il riso in superficie dovrà risultare croccante. A questo punto buon appetito

Saluti a te e famiglia. A presto Giuliano

giovedì 14 gennaio 2010

Un salentino doc,oggi 14 gennaio è nato Ernesto Luca,il mio nipotino(cliccate qui per vedere il video ...un mese dalla nascita)





Amiche ed amici,

Oggi,14 gennaio 2010, a Lecce è nato un altro Salentino doc,mio nipote Ernesto Luca.
A mia figlia Stefania e a mio genero Paolo faccio i miei migliori auguri.

Fra qualche anno Ernestino leggerà questi scritti del nonno e spero che possano essere utili e interessanti per conoscere il mondo di una volta,la storia,la cultura del suo paese natio.
Sono troppo emozionato!!!!!!!

Un caloroso saluto a tutti voi.

Gioacchino

lunedì 11 gennaio 2010

Polpette e orecchette al sugo alla Gion



Ciao amiche ed amici,
ecco un'altra ricetta tipicamente Salentina "polpette al sugo" con qualche mio piccolo accorgimento.

Ingredienti:

½ kg di Carne macinata ( maiale, oppure mista maiale e vitello)
5 cucchiai Pangrattato ( 1 per ogni 100 gr di carne)
2 uova intere
Q.b. Sale, Prezzemolo, Sugo-peperoncino-orecchette
2 cucchiai Parmigiano grattugiato
mezzo bicchiere di vino rosso

Preparare del sugo, la quantità la stabilite voi, in considerazione anche dell'eventuale pasta da condire.
Impastare mezzo kg di carne macinata con 5 cucchiai di pangrattato ( un cucchiaio ogni 100 gr di carne), 2 cucchiai di parmigiano, 2 uova intere,del prezzemolo tritato e del sale.

Lavorare il tutto sino ad ottenere una buona amalgama; se l'impasto risulta troppo morbido potete aggiungere un altro po' di pangrattato se troppo duro un goccio di vino rosso.
Preparare delle polpette della grandezza che preferite, più o meno come la grandezza di un pomodorino,ungendovi le mani col vino rosso durante l'impasto e la preparazione.

Quando sono tutte pronte fate rosolare in una padella l'olio con dei pezzetti di cipolla e dopo versate le polpette e appena queste son dorate versate la salsa di pomodoro e fate cuocere per circa mezz'ora.

Fate cuocere a parte le orecchette e conditele con le polpette e il sugo di cui sopra.
Buon appetito

Gioacchino Vilei

sabato 9 gennaio 2010

Vocabolario Salentino-Italiano


Ciao amiche ed amici,
siccome alcuni termini salentini non si usano più e quindi anche i più giovani non sanno il loro significato,ho deciso di fare un vocabolario salentino.Chiedo il vostro aiuto e quindi vi raccomando di inserire i termini che conoscete,non inseriti da me.
Quindi questo argomento è aperto e non è ancora completato del tutto per i motivi sopra esposti.Aspetto i vostri termini dialettali per inserirli.


VOCABOLARIO SALENTINO ITALIANO

LETTERA A

aratinu(aratro)
all'ampete (a piedi)
arburi (alberi)
aciuveddrhi (a nessuno)
arunca-arune (dove)
asculidrhii
(piccola legna)
LETTERA B
basciare (abbassare)
beddrhu(a) (bello-bella)
bracchiata (casa di campagna,dove si tenevano gli animali)
binchiatu (saziato)


brecciulina(per asfaltare le strade si usava la brecciulina,pietra molto dura)


(un modo di dire salentino "u binchiatu nu crite mai u disciunu"-Il sazio non crede mai chi è a digiuno)


LETTERA C

cannarutu(goloso)
caura(granchio)
capiddrhi (capelli)
cascia (cassa per la raccolta della dote)
cavaddrhu (cavallo)
cinere (cenere)
cista (cesto)
cicuredrhe (cicorie di campagna)
caniatu (cognato)
coddrhu (collo)
chinu (colmo)
curtedrhu (coltello)
ccattatu (comprato)
ccucciarsi (coprirsi)
cuttone (cotone)
cucchiara (cucchiaio)
cuscinu (cuscino)
cucinu (cugino)
crai (domani)
carusa (fanciulla)
casu (formaggio)
chisura (fondo agricolo)
caddrhu (gallo)
caddrhina (gallina)
cuntare (parlare)
cchiali (occhiali)
craune (carbone)
ciuvedrhi (nessuno)
chiangire (piangere)
chiazza (piazza)
chianta (pianta)
cute (roccia)
cojere (raccogliere)
chiove (piove)
chianca (pietra piana tipica leccese)
capisutta (sottosopra)
capasa-capasune (raccoglitore-recipiente, usato per la raccolta
di olio,fichi o friselle)
critare (gridare)
cucuzza (zucchina)
cannizzu(frase tipica "casa a cannizzu"-casa con il tetto di canne)
camisola(maglia di lana)

( definizione di "caniatu"-cognato- pezza ncudrhata-pezzo di stoffa cucita)


LETTERA D

dirluttare(ruttare)
darlampare(lampeggiare)
de nanzi(davanti)
de reta(di dietro)
de costi(di lato,di fianco)
duce(dolce)
ddoi(due)


LETTERA E

ete(è)


LETTERA F

frascera(braciere)
fuscire(correre)
fauce(falce)
freve(febbre)
fuiazze(foglie)
furcina(forchetta)
frate(fratello)
fraima(mio fratello)
friseddhre(friselle-pane tipico salentino)
fiata(na fiata-una volta)
farnaru(oggetto per cernere la farina)
farsura(pentola)
farmaggia(farmacia)
furmedrha(bottone)
frisonculi(piccoli pezzi delle friselle)
ferraciucci(maniscalco)


LLETTERA G

gnaunu(tacchino)
giurnu(giorno)


LETTERA I

iancu(bianco)
iddhru(quello)
iernu(inverno)
imbrici(tegole)
insita(alberello d'ulivo)


LETTERA L
liune(legna per accendere il fuoco al camino)
lissia(lesciva-si usava negli anni 50/60 per lavare anche i capelli)
lavaturu(lavatoio)
lucisce(fà alba)
licitu(insipido)
lunitia(lunedì)

(negli anni 50/60 "cullu lavaturu e sapune" se ll'avaune le robbe,altro che lavatrice)


LETTERA M
minaturu(mattarello per la pasta)
manu ritta(mano destra)
manu torta(mano sinistra)
maranci(arance)
marangiane(melanzane)
muddrhati(bagnati)
mmalazzare(ammalarsi)
masiricoi(basilico)
mpudrha(bolla)
minare(buttare)
mena,maniscite(sbrigarsi)
mieru(vino)
municedrhe(lumache,piatto tipico salentino)
mammita(tua madre)
mesciu(maestro)
mazzu(magro)
moia(melma)
martitia(martedì)
mercutia(mercoledì)
menzatia(mezzogiorno)
mele(miele)
mujere(moglie)
muzzicare(mordere)
muntarrune(mucchio)
mpauratu(spaventato)


(il termine mesciu era usato per le figure come il muratore,il calzolaio,il barbiere ecc-Il termine mescia invece soprattutto per le sarte)


LETTERA N

nfiammu(infiammazione)
nfiamare(imbastire)
ndaqualora(contenitore che veniva usata per prendere l'acqua)
nserraia(serratura)
ngraziatu(aggraziato)
nzippi(bastoncini)
nzumpare(saltare)
ncignare(incominciare)
naca(culla)
nchiostru(inchiostro)
none (no)
nucedrhe(noccioline)
natare(nuotare)
nnittare(pulire un frutto)
ngiurita(soprannome)
nicchiaricu(terreno nicchiarico-terreno incolto)
nnulatu(tiempu nnulatu-con le nuvole,nuvoloso)


(i termini "nsirraia e nicchiaricu attualmente sono poco usati e sono molto antichi)


LETTERA O

ota(gira)

(altro detto salentino "ota ca trovi-gira che trovi)


LETTERA P
poscia(tasca)
Puru(anche)
paddrhotta(zolla di terra)
puteca(bottega)
pajaru(casa di pietra di campagna)
piscrai(dopo domani)
pasuli(faggioli)
posperu(fiammifero)
picalò(gazza)
porcu(maiale)
pesciu(peggio)
puddrhasci(pulcini)
pizzulisciare8mangiucchiare)

( i pajari appartengono al passato della nostra storia e vanno valorizzati e salvaguardati-bellissime le foto che trovate nel blog dell'amico Renato D'aurelio)


LETTERA Q

quasette(calze)
quidrhi(quelli)


LETTERA R
rimasuje(quello che rimane...del cibo ..o altro)
razze(braccia)
rranfatu(graffiato)
rumatu(letame)
ricchie(orecche)
rusciu(rumore)


LETTERA S

scalune(scalino)
sirma(mio padre)
sarmenti(piccola legna)
stipu(ripostiglio)
scunnire(nascondersi)
ssucare(asciugare)
scarparu(calzolaio)
sgarrata(demolita)
siminselle(chiodi piccoli)
scurdare(dimenticarsi)
spicciare(finire)
stijune(geco)
sciurnata(giornata)
sarica(lucertola)
sannucchiu(singhiozzo)
sine(si)
sorma(mia sorella)
scencu(vitello)

(siminselle era un termine molto usato presso i calzolai)

LETTERA T

tostu(duro)
trasi(entra)
tumminata(metà ettaro di terra)
teni(hai)
tegnu(ho)
tignusi(è il soprannome degli abitanti di Giurdignano)
tarlosci(orologio)
tarlusciaru(quello che ripara gli orologi)
turcire(piegare)
tiraletti( telai per il tabacco)

(i tiraletti non si vedono più in giro ma negli anni 70 si vedevano per le strade sia di Giurdignano che di altri paesi)


LETTERA U

urpe(volpe)
ulie(olive)

LETTERA V

vanzare(crescere)
viddrhicu(ombellico)
vagnoni(ragazzi)
vancutedrhu(sgabello)
vinirdia(venerdì)

(anche i vancutedrhi non si vedono più in giro-Guardate la foto sul blog-Era il posto dove i bambini si sedevano negli anni 50/60)

LETTERA Z

ziccare(afferrare)
zita(fidanzata)
zinzale(zanzara)