clicca sulla foto per vedere il video

sabato 30 gennaio 2010

Giurdignano,la sua storia-video di Gioacchino Vilei e foto di Renato D'Aurelio(cliccate qui per vedere il video)


Cenni storici di Giurdignano(tratto dal sito di internet del Comune di Giurdignano)

Giurdignano è un luogo dalle antichissime origini. Frequentato in epoca romana, come testimoniano i resti di una necropoli di età imperiale del II-III secolo dopo Cristo rinvenuta in località Cantalupi, divenne uno dei luoghi d'elezione dei monaci italo-greci che qui hanno lasciato preziosissime testimonianze. In seguito fu un ambito feudo con castello. Nel 1192 Tancredi D'Altavilla, Conte di Lecce e Re di Sicilia infeuda Giurdignano a Niccolò De Noha a cui succede, il figlio Guglielmo che nel 1269 viene privato del feudo da Carlo 1° D'Angiò che lo dona a Erardo Fremi da cui passa nel 1272 a Filippo De Tuzziaco. A lui successe il figlio Ezelino, quest'ultimo morì subito dopo ed i parenti non vollero venire in Italia per prendere possesso dei suoi beni. Per tanto - con regio diploma del 23 gennaio del 1273 - i beni furono devoluti in toto alla Regia Corte. Fu Filippo d'Angiò ad infeudare Giurdignano al suo medico personale Giacomo Pipino, feudo confermato poi da Re Carlo II d'Angiò. Nel 1323 a Giacomo Pipino subentrò Guidone Sambiasi che sposò in prime nozze Filippa di Roberto Cerasoli da cui ebbe sei figli: Letizia, Megalia, Violante, Roberto (che fu Barone di Melpignano e Torchiarolo) Rinaldo, Filippo (che fu Barone di San Vito e Torchiarolo e sposò in seconde nozze, nel 1334, Caterina dell'Antoglietta).
A Guidone succedette Rinaldo che sposò Giovanna di Belloluogo, la loro figlia Antonella vendette infine il feudo, nel 1340 a Giovanni Filippo Santacroce. Nel 1373 Giovanni Filippo vendette Giurdignano a Giacomo Venturi, il quale nel 1349 aveva sposato Antonella Sambiasi. Alla sua morte gli succedette il figlio Leonardo detto "Monaco" il quale sposò Filippa Carmignano, uno dei loro figli, Roberto sposò Elisabetta Dell'Acaya. Fu Giovanni Antonio Orsini del Balzo a sottrarre il feudo ai Venturi per poi cederlo, nel 1439,a Margherita Dell'Acaya che lo acquistò per conto del figlio Buzio De Noha di cui era tutrice. Quest'ultimo ricevette la formale investitura del feudo di Giurdignano dal Re di Napoli Alfonso d'Aragona. Alla morte di Buzio (27/12/1466) gli succedette il figlio Antonello a cui il feudo fu confermato dalla Regia Corte il 15 settembre 1467. A lui successe il figlio Niccolò avuto dal matrimonio con Antonia di Raffaele Maremonti, la formale investitura avvenne nel 1472. Niccolò Sposò Lucia Maremonti da cui nacque Giovanni Vincenzo che gli succedette. Per poi vendere Giurdignano a Giovanni Paolo Rondachi nel 1555. Il figlio di quest'ultimo Bernardino lo rivendette nel 1564 a Cesare De Ponte con patto de retrovendendo. Il feudo ritornò infatti a Bernardino Rondachi che lo vendette definitivamente nel 1568 a GiovanbattistaMatino. Quest'ultimo morì nel 1579 e il feudo di Giurdignano passò al figlio Vittorio che - come risulta dall'atto notarile redatto da Notar Cesare Pandolfo il 2 novembre 1584 - lo vendette per 9.200 ducati di carlini d'argento, ma con patto de retrovendendo, a Scipione Santabarbara. Nel 1586 il feudo ritornò a Vittorio Matino che lo rivendette definitivamente e libero da ogni patto ad un suo creditore: Giovanni Bernardino Saetta. Non passano nemmeno dieci anni (1598) che Giovanni Bernardino Saetta rivende Giurdignano con patto de retrevendendo a scadenza decennale ad Orazio Vignes Barone di Pisignano. Il Saetta non esercitò il suo diritto de retrovendendo per cui il Barone Vignes vendette il 18 settembre 1597 a Niccolò Prototico per la somma di 6.900 ducati di carlini d'argento. Alla morte di Niccolò il feudo passò al primogenito Francesco che sposò nel 1622, Maria Castriota Scanderberg. Francesco morì l'8 settembre 1662, gli succedette Antonio, uno dei suoi otto figli. Antonio morì il 2 aprile 1680 e gli succedette il primogenito Giuseppe che sposò Eleonora Trane dei Duchi di Corigliano. Delle due figlie Antonia Maddalena gli succedette per poi sposare Carlo Alfarano Capece, Barone di Lucugnano e Conte di Ugento al quale portò in dote il feudo. Fu il secondogenito Antonio a succedere nel feudo, alla morte di quest'ultimo (1777) gli succedette il figlio Francesco. Alla sua morte (1793) gli succedette il figlio Benedetto l'ultimo signore di Giurdignano che si ritrovò nell'epoca dell'eversione dalla feudalità. Ancora Oggi, Giurdignano, conserva alcune delle più antiche tradizioni del Salento.
Per ulteriori informazioni su Giurdignano www.comune.giurdignano.le.it/

La natura nel salento-video di Gioacchino Vilei e foto di Renato D'Aurelio(cliccate qui per vedere il video)



Saluto e ringrazio l'amico Renato per queste bellissime foto

Un abbraccio
Gio'

Il frantoio ipogeo di Giurdignano-video di Gioacchino Vilei con foto di Renato D'Aurelio(cliccate qui per vedere il video)

proverbi e modi di dire salentini-secondo video di Gioacchino Vilei8cliccate qui per vedere il video)

mercoledì 27 gennaio 2010

Raccolta delle ricette salentine di una volta pubblicate in questo blog


Ciao amiche ed amici,
premesso che potete trovare nel blog le ricette singole,confrontando l'indice,ricche anche di osservazioni,commenti e video,per comodità ho raccolto in questo spazio tutte le ricette pubblicate.

Un caro saluto a tutti voi.

Gioacchino Vilei


RISU CULLE SCARCIOPPULE ALLU FURNU
(a cura dell'amico cuoco Giuliano Longo)

Ingredienti: 500 gr di riso, 1 cipolla,8 carciofi,formaggio grattugiato,2 litri circa di brodo,olio salentino

Pulire i carciofi privarli del fieno (è la parte interna del carciofo che ricorda il fieno per via di tutti i filini) e tagliarli a spicchi,lasciandoli un po’ a bagno con acqua,succo di limone e un pugno di farina bianca,per farli perdere un po’ del loro gusto amarognolo,pulire la cipolla e tritarla finemente,mettere l’olio in una teglia da forno dai bordi alti,e aggiungere la cipolla,farla dorare e quindi spadellare dentro i carciofi,aggiungere il riso e farlo tostare,a questo punto coprire con il brodo già bollente il riso,per due dita sopra,aggiungere il formaggio grattugiato(volendo si può aggiungere anche della mozzarella tritata per arricchire il gusto),e si inforna a forno già caldo a 180 °C fino a che il riso non sarà cotto,eventualmente si controlla la cottura e se occorre si aggiunge un po’ di brodo per completarla,una volta cotto il riso in superficie dovrà risultare croccante.



POLPETTE AL SUGO ALLA GIO'
(a cura di Gio' Vilei)


Ingredienti:

½ kg di Carne macinata ( maiale, oppure mista maiale e vitello)
5 cucchiai Pangrattato ( 1 per ogni 100 gr di carne)
2 uova intere
Q.b. Sale, Prezzemolo, Sugo-peperoncino-orecchette
2 cucchiai Parmigiano grattugiato
mezzo bicchiere di vino rosso

Preparare del sugo, la quantità la stabilite voi, in considerazione anche dell'eventuale pasta da condire.
Impastare mezzo kg di carne macinata con 5 cucchiai di pangrattato ( un cucchiaio ogni 100 gr di carne), 2 cucchiai di parmigiano, 2 uova intere,del prezzemolo tritato e del sale.

Lavorare il tutto sino ad ottenere una buona amalgama; se l'impasto risulta troppo morbido potete aggiungere un altro po' di pangrattato se troppo duro un goccio di vino rosso.
Preparare delle polpette della grandezza che preferite, più o meno come la grandezza di un pomodorino,ungendovi le mani col vino rosso durante l'impasto e la preparazione.

Quando sono tutte pronte fate rosolare in una padella l'olio con dei pezzetti di cipolla e dopo versate le polpette e appena queste son dorate versate la salsa di pomodoro e fate cuocere per circa mezz'ora.

Fate cuocere a parte le orecchette e conditele con le polpette e il sugo di cui sopra.
Buon appetito




Orecchette alle cime di rapa.
(a cura di Gio' Vilei)

INGREDIENTI PER 4 PERSONE

- 400 g di orecchiette
- 400 g di cime di rapa
- 4 cucchiai di olio extravergine di oliva
- 2 spicchi di aglio
- circa 7 o 9 filetti di acciuga sotto sale o sott'olio
- sale e peperoncino

Prima pulite le cime selezionandole dal gambo e lasciando qualche foglia piccola.

Lavate accuratamente ciò che avete selezionato.

Tagliate a cubetti l'aglio e fatelo rosolare a fuoco molto basso nell'olio extravergine di oliva possibilmente del Salento utilizzando una padella grande.

Aggiungete le acciughe spezzettate e fatele sciogliere schiacciandole con un cucchiaio di legno.

Versate le orecchiette in acqua salata bollente e dopo circa 8 minuti unite le cime di rapa e portate a termine la cottura preferibilmente sia la pasta che le verdure dovranno essere al dente.

Scolate le orecchiette e cime e versatele nella padella con l'olio e fate saltare per 1 minuto e servite condendo con peperoncino abbondante.

Un consiglio:potete anche surgelare le cime di rapa già cotte e utilizzarle per la volta successiva qualora fossero abbondanti.



STRUFOLI
(ricetta Natalizia Salentina dell'amica Lucia D'Alba)


INGREDIENTI:
- Kg. 1 di fior di farina
- gr. 200 di olio
- gr. 200 di vino bianco
- 1 arancia (la buccia e il succo)
- 1 bustina di lievito per dolci
- miele
- cannella
- pinoli q.b.



PREPARAZIONE:
Si impasta la farina con i diversi ingredienti e si lavora a lungo. Si formano poi dei maccheroni del diametro di un centimetro da cui si ritagliano dei pezzi lunghi non pi� di un paio di centimetri. Si appoggia ogni pezzo di pasta sul retro di una grattugia o, come si faceva anticamente, su un pettine da telaio e si esercita una leggera pressione con il dito per incavarlo e nello stesso tempo decorarlo. I porceddruzzi si friggono in abbondante olio bollente finch� sono cotti e dorati. Si passano poi in una casseruola dove si e' riscaldato il miele e, dopo averli girati e rigirati per qualche minuto perch� si imbevano bene, si adagiano su un piatto da portata, si spolverano di cannella e si coprono di pinoli.





CARTIDDRATE
(altra ricetta Natalizia del Salento di Lucia D'Alba)

INGREDIENTI:
1 kg di farina "00"-un bicchiere d'olio d'oliva-una buccia d'arancia non trattata-50 gr di zucchero-300 ml di succo di arance(spremute fresche)-acqua q.b.-un pizzico di cannella,facoltativo-un pizzico di sale-abbondante olio per friggere(il mio amico consiglia quello di arachidi)-miele mille fiori per glassare le cartiddrate a piacere-50 gr di anicini(zuccherini colorati)

ESECUZIONE
Far sfumare nell'olio ben caldo la buccia d'arancia,disporre la farina a fontana e versarvi sopra l'olio,privandolo della buccia d'arancia.Passare tutta la farina sfregandola tra le mani in modo che si assorba tutto l'olio omogeneamente.A questo punto unire unire lo zucchero,il sale e se gradite la cannella.Far intiepidire il succo delle arance spremute e incominciare ad impastare il tutto,quindi aggiungere un pò d'acqua tiepida per volta ,sino ad ottenere un impasto liscio ed omogeneo che si riesca a stendere con il mattarello.A questo punto stendere la pasta in una sfloglia sottile,tagliare delle striscie larghe 5 cm e lunghe circa 50.
Piegarle a metà nel senso della lunghezza e pizzicare i bordi della striscia ogni 3 cm dal lato dei lembi aperti,arrotolare ogni nastro su se stesso unendo nei punti lasciati aperti in precedenza come a formare delle rose.
Friggere le cartiddrate poche alla volta in abbondante olio,fino a completa doratura e farle asciugare su carta assorbente,quindi disporle su un piatto,glassarle con il miele scaldato con un filo d'acqua e spolverarle con gli anicini colorati.
Esiste la variante con il vino cotto speziato al posto del miele(personalmente preferisco quelle col miele).
E' meglio prepararle il giorno prima di servirle.Si conservano bene per due settimane in scatole ermetiche.



PITTULE
(altra ricetta tipica natalizia Salentina a cura di Giuliano Longo)


INGREDIENTI
1 kg di farina "oo"-un cucchiaio da pasto raso di sale fino(circa 15-20 gr)-1 panetto di lievito di birra fresco-1 cucchiaiio da the di zucchero-600 ml. di acqua circa-abbondante olio per friggere(il mio amico consiglia quello di arachidi)

ESECUZIONE
Sciogliere il lievito nell'acqua tiepida con lo zucchero e il sale,unirvi la farina sino ad ottenere un impasto morbido.Lasciar lievitare l'impasto per circa due ore al caldo.
Adesso attenzione !!!!
Rimescolare un pò l'impasto,prendere una quantità d'impasto che stia in una mano,stringerlo e far fuori uscire tra il pollice e l'indice una pallina,che vi aiuterete a staccare con l'ausilio di un cucchiaio,immergendola subito nell'olio ben caldo.Cuocetene un pò la volta fino a completa doratura,mescolandole in continuazione.
Si dovrebbero ottenere delle frittelline più o meno tonde,che si fanno asciugare su carta assorbente e si servono subito ben calde.
Volendo si possono arricchire con olive nere,cavolfiori,capperi,ma le più buone secondo Giuliano sono quelle semplici che faceva sua nonna.




I pezzetti de cavallu
(ricetta dell'amico Giuliano Longo)


INGREDIENTI:
2 kg di polpa di cavallo,meglio anche se c'è un pezzo di muscolo,10 foglie di alloro,una cipolla(c'è chi usa l'aglio)-1- peperoncino secco,olio buono del Salento o extra vergine d'oliva,un cucchiaio di pepe in grani,100 gr di conserva di pomodoro(doppio concentrato)-

ESECUZIONE
Prendere una casseruola,riempirla d'acqua fredda,mettere la carne,parte dell'alloro e il pepe in grani,salarla leggermente e far cuocere la carne fino a metà cottura,per circa un'ora e mezzo;schiumare l'acqua durante questa fase di cottura,scolare la carne,sciacquarla sotto l'acqua corrente e tagliarla a fette dello spessore di un centimetro circa e larghe circa 7-8 centimetri.
Quindi,prendere un'altra casseruola ,mettere mezzo bicchiere d'olio,far imbiondire la cipolla tritata(o aglio) insieme al peperoncino,versare dentro la conserva e farla soffrigere un pò,unire il restante alloro,4-5 mestoli d'acqua,portare ad ebollizione e unire i pezzetti di cavallo,aggiustare di sapore salando e farli cuocere finchè la carne non risulterà cotta.
Se durante la cottura il sugo dovesse asciugarsi troppo,aggiungere ancora un pò d'acqua.
Importante che a fine cottura il sugo rimasto abbia la consistenza di una salsa al pomodoro.



PIMMITORI SCATTARISCIATI
(ricetta dell'amico Giuliano Longo)


Si può fare in qualsiasi periodo dell'anno,a me piace invece immaginare l'inverno e un caminetto per questa ricetta
Se è possibile usate i pomodori invernali a fietta,ma vanno bene anche i pomodorini(per gli amici Milanesi dico che possono trovarli nelle bancarelle gestite da Pugliesi dei mercati rionali).E' anche evidente che va bene anche il forno per chi non ha la possibilità di avere un camino

Ricetta

lavare e asciugare i pomodori.In un tegame scaldare l'olio(possibilmento quello del salento).Bucare i pomodori con una forchetta e metterli nella padella quando l'olio è ben caldo e fumante.Chiudere la padella con il coperchio.A metà cottura aggiungere il peperoncino
A parte tagliare delle fette di pane(possibilmente Pugliese di Altamura)-arrostire appena appena al forno o sulla brace del camino.
Cospargere con l'uso di un cucchiaio i pomodori e l'olio sul pane e buon appetito.

Vi confido che questa è una mia pietanza preferita la domenica sera nei mesi invernali,insieme alla minestrina che io chiamo "pappa da grandi".Ma di quest'altra ricetta vi parlerò in seguito.


LA PAPARINA
(altra ricetta dell'amico Giuliano Longo)

Gli anni dopo la guerra sono stati difficili per tutti.Nel salento i nostri genitori,cercavano di sbarcare il lunario e a proposito.....cercavano di preparare un buon piatto con le risorse della terra:la paparina.
Checos'è?
E' la piantina del papavero rosso,che si raccoglie nei campi dalla fine di gennaio alla metà di aprile circa,prima che produca il fiore perchè a tal punto non sarà commestibile.
Con questa paparina i nostri genitori un tempo preparano un piatto per mangiare....oggi diciamo che si può preparare con uno spirito diverso.Infatti si può unire l'utile al dilettevole.Si può programmare una passeggiata nei campi,all'aria aperta per raccogliere la paparina e poi dilettarsi a preparare la ricetta che vi trascrivo.Colgo l'occasione per ringraziare l'amico Giuliano che ,pur vivendo attualmente al nord pe lavoro,non dimentica gli insegnamenti dei suoi genitori e ha sempre nel cuore il salento,in questo caso la cucina salentina.

Ricordate anche che c'è un detto che dice
"A paparina se oi cu te sape bona,paparina cu la cicora.Insomma quando andate a fare una passeggiata ricordate di raccogliere la cicoria di campagna insieme alla paparina,perchè insieme sono il massimo.

Ricetta

Ingredienti
Paparina,cicuredre(poche solo per ingentile il piatto-qualche coda di finocchio-olio d'oliva del salento-cipolla e peperoncino-olive nere paesame in salamoia,sale.)

Esecuzione
Mondare e lavare sia la paparina che le cicuredre(lasciarle prima nell'acqua fredda per farle addolcire un pò)

In una pentola capiente mettere l'olio in base alla quantità di verdura da cuocere,unire la cipolla tagliata in una Julienne sottile e un peperoncino anche secco,far dorare la cipolla e poi un pò alla volta unire le verdure,sempre mescolando in modo da farle passare tutte nell'olio;per ultimo unire le code di finocchio e un pò d'olive nere.A questo punto unire un pò d'acqua,salare e far cuocere il tempo necessario finchè le verdure non risulteranno tenere.


I MURSIFRITTI O LA PANECOTTA
(ricetta dell'amico Giuliano Longo)

E'una ricetta povera,utilizzando tutti gli avanzi del giorno prima.Vi posso assicurare che parecche persone,allora,tanti anni fà,si sfamavano con questo piatto.Ricordo ancora mia nonna quando la preparava,soprattutto come colazione al mattino prima di andare in campagna,nel periodo invernale e la chiamava "i mursifritti"-Accendeva il fuoco, e sutta lu cantune mintia la farsura.

Dedichiamo questa ricetta a quanti ricordano quei tempi e a quanti volessero adoperarsi per realizzala,certamente con uno spirito completamente diverso.

Ingredienti(quelli che si hanno a portata di mano avanzati dal giorno/i prima)


legumi già cotti(fagioli o piselli)-cicorie di campagna(cicuredre)-pasta -rape-2/3 friselle spezzettate-olio d'oliva-acqua e sale quanto basta.


Preparazione

In una pentola capiente,mettere tutti gli ingredienti sopra descritti,velarli d'acqua,salare,aggiungere olio d'oliva e mettere a fuoco dolce in modo che cuocia tutto lentamente,coprendo la pentola con un coperchio.

Lasciar cuocere senza mai mescolare.Solo quando l'acqua sarà del tutto assorbita,cominciare a mescolare sino a quando sul fondo della pentola comincerà a formarsi una crosticina che non dovrà bruciare,per non far prendere il sapore di fumo alla pietanza.

Provate!!!!!!!

Buon appetito




LA SCAPECE GALLIPOLINA
(a cura di Palma D'Onofrio)

Un po' di storia a cura di Palma D'Onofrio)
La scapece Gallipolina è piatto tipico della città di Gallipoli. Per alcuni il nome “scapece” viene da “esca di Apicio”, da Apicio Marco Gario, il gastronomo romano dell’età augustea che fece preparare per primo la scapece. Per altri invece proviene dall’arabo sikbag, che vuol dire pesce marinato. Nelle dispense delle famiglie non mancava mai. La scapece è infatti nata dall’esigenza di conservare il pesce e far fronte ai lunghi periodi di carestia. Il consumo di scapece è strettamente legato alle feste tradizionali e alle fiere.


Il necessario
I pesci adoperati sono: zezzo (pupiddhu, masculari e fimmineddhe), garizzo (masculari e fimmineddhe), latterini (minocia e trenula) boghe piccole (ope).
Gli altri ingredienti: pan grattato ricavato dal pane di grano duro decorticato ed essiccato fino ad ottenere una colorazione giallognola, aceto, zafferano.

Procedimento
Ecco la ricetta secondo i canoni della tradizione.
Il pesce che deve essere freschissimo viene selezionato in modo da scartare gli esemplari maltrattati e i residui di alghe. Quindi viene fritto in olio d’oliva abbondante. Poi sistemato nelle calette, i mastelli di castagno provenienti dalla Calabria.
Il pangrattato che deve avere un aspetto grossolano, sbriciolato viene imbevuto di aceto e zafferano.
Nel mastello di legno si creano strati di pesce e pane allo zafferano e aceto e così via, fino ad arrivare all’orlo. Il pesce è pronto per il consumo dopo qualche giorno.


PAMPASCIUNI
(RICETTA DELL'AMICO GIULIANO LONGO)

i pampasciuni(in barese lampascioni)-appartengono alla famiglia dei cipollotti.Giuliano,un amico cuoco Giurdignanese mi ha inviato una ricetta che ora vi trascrivo.

Sono delle ricette povere con i frutti della terra.Subito dopo la guerra ,non c'era da mangiare e gli anziani di Giurdignano raccontano che si sfamavano proprio raccogliendo questi pampasciuni,o le cicuredrhe,o le cozze piccinne e le cozze municedrhe.Adesso tutte queste cose sono pregiate e addirittura hanno un costo eccessivo.

E andiamo alla ricetta,ma non solo perchè i pampasciuni si possono conservare e al momento opportuno servirli come antipasto.

Tra le altre cose quello dei pampasciuni,è un piatto tra quelli della tavola di San Giuseppe di cui vi ho già parlato nei post precedenti.



INGREDIENTI

1 kg di pampasciuni

aceto bianco

sale e olio quanto basta



PROCEDIMENTO

Pulire i pampasciuni privandoli dalle pellicine superficiali;lavarli bene e quindi versarli in acqua bollente facendoli bollire per qualche minuto,in modo che rilascino parte del loro liquido gelatinoso.Quindi scolarli,lavarli ancora e se occorre togliere parte delle pellicine che si staccano.

A questo punto mettere a bollire l'acqua salata e acidulata in percentuale del 20% di aceto(5 litri d'acqua- 1 -litro d'aceto)oppure in base a i gusti si può aumentare o diminuire la quantità di aceto.Se si fannno per essere invasati e conservati sott'olio la quantità di aceto deve essere superiore,perchè questo funge da conservante.

Non appena l'acqua stacca il bollore,versare i pampasciuni e farli cuocere fino a quando non risulteranno teneri pungendoli con la forchetta.Se si devono invasare è consigliabile lasciarli un pò duri perchè in questo caso li cuoce l'aceto.

Scolarli e asciugarli bene col canovaccio,quindi,prendere un vasetto di vetro sterilizzato in forno caldo,invasarli e coprirli con olio del salento.Si conservano bene per circa un anno.





n.b.

Agli amici Milanesi dico che i pampasciuni li possono trovare in quasi tutti i mercati rionali,soprattutto in febbraio,marzo.Se vi capita di essere nel Salento nel mese di marzo,il primo venerdì ad Acaya(frazione di Vernole)un comune vicino lLecce c'è proprio la sagra te lu pampasciune.
Altrimenti giorno 19 marzo a Giurdignano potete trovare questa pietanza tra le pietanze delle tavole di San Giuseppe.




Altra ricetta LA PUCCIA,TIPICO PANE SALENTINO(LA TRADIZIONE VUOLE CHE SI PREPARI LA VIGILIA DELL'IMMACOLATA,ANCHE SE ADESSO D'ESTATE CI SONO DIVERSE SAGRE DELLA PUCCIA)


Ingredienti
# 1 kg farina
# 1 e 1/2 bicchiere di olio extra vergine di oliva (pugliese!)
# 1 cubetto di lievito di birra
# acqua
# sale
# 2 cipolle
# 8 pomodori
# 300 gr olive nere
# capperi
# origano
# peperoncino

Preparazione

Impastare la farina con acqua, lievito, sale e 1 bicchiere di olio extravergine di oliva. Dovete inmpastare al punto che sembri pasta per pizza. Lasciare lievitare 2 ore. Prendere una padella e fare soffriggere la cipolla tagliata a fette spesse, l’origano e il peperoncino. Aggiungere i pomodori tagliati a cubetti e lasciare cuocere circa 15 minuti. Togliere dal fuoco e aggiungere le olive intere e i capperi. Accendere il forno a 250°. A questo punto occorre versare il sugo nell’impasto e mischiare. Se l’impasto risulta troppo liquido, aggiungere un po’ di farina. Fare delle focaccine un po’ spesse e del diametro di circa 10/15 cm.
Disporre le focaccine su una teglia precedentemente infarinata e lasciar cuocere per circa 40 minuti.

Risu culle scarcioppule(riso con i carciofi)-ricetta salentina dell'amico Giuliano Longo




Carissimo Gion,

Veniamo alla ricetta che ti avevo promesso,siccome è stagione di carciofi ho pensato allu risu cu lle scarcioppule ca me facia a mamma mia quannu stia a Giurdignanu.

RISU CU LLE SCARCIOPPULE ALLU FURNU

Ingredienti: 500 gr di riso, 1 cipolla,8 carciofi,formaggio grattugiato,2lt circa di brodo,olio salentino

Pulire i carciofi privarli del fieno (è la parte interna del carciofo che ricorda il fieno per via di tutti i filini) e tagliarli a spicchi,lasciandoli un po’ a bagno con acqua,succo di limone e un pugno di farina bianca,per farli perdere un po’ del loro gusto amarognolo,pulire la cipolla e tritarla finemente,mettere l’olio in una teglia da forno dai bordi alti,e aggiungere la cipolla,farla dorare e quindi spadellare dentro i carciofi,aggiungere il riso e farlo tostare,a questo punto coprire con il brodo già bollente il riso,per due dita sopra,aggiungere il formaggio grattugiato(volendo si può aggiungere anche della mozzarella tritata per arricchire il gusto),e si inforna a forno già caldo a 180 °C fino a che il riso non sarà cotto,eventualmente si controlla la cottura e se occorre si aggiunge un po’ di brodo per completarla,una volta cotto il riso in superficie dovrà risultare croccante. A questo punto buon appetito

Saluti a te e famiglia. A presto Giuliano

giovedì 14 gennaio 2010

Un salentino doc,oggi 14 gennaio è nato Ernesto Luca,il mio nipotino(cliccate qui per vedere il video ...un mese dalla nascita)





Amiche ed amici,

Oggi,14 gennaio 2010, a Lecce è nato un altro Salentino doc,mio nipote Ernesto Luca.
A mia figlia Stefania e a mio genero Paolo faccio i miei migliori auguri.

Fra qualche anno Ernestino leggerà questi scritti del nonno e spero che possano essere utili e interessanti per conoscere il mondo di una volta,la storia,la cultura del suo paese natio.
Sono troppo emozionato!!!!!!!

Un caloroso saluto a tutti voi.

Gioacchino

lunedì 11 gennaio 2010

Polpette e orecchette al sugo alla Gion



Ciao amiche ed amici,
ecco un'altra ricetta tipicamente Salentina "polpette al sugo" con qualche mio piccolo accorgimento.

Ingredienti:

½ kg di Carne macinata ( maiale, oppure mista maiale e vitello)
5 cucchiai Pangrattato ( 1 per ogni 100 gr di carne)
2 uova intere
Q.b. Sale, Prezzemolo, Sugo-peperoncino-orecchette
2 cucchiai Parmigiano grattugiato
mezzo bicchiere di vino rosso

Preparare del sugo, la quantità la stabilite voi, in considerazione anche dell'eventuale pasta da condire.
Impastare mezzo kg di carne macinata con 5 cucchiai di pangrattato ( un cucchiaio ogni 100 gr di carne), 2 cucchiai di parmigiano, 2 uova intere,del prezzemolo tritato e del sale.

Lavorare il tutto sino ad ottenere una buona amalgama; se l'impasto risulta troppo morbido potete aggiungere un altro po' di pangrattato se troppo duro un goccio di vino rosso.
Preparare delle polpette della grandezza che preferite, più o meno come la grandezza di un pomodorino,ungendovi le mani col vino rosso durante l'impasto e la preparazione.

Quando sono tutte pronte fate rosolare in una padella l'olio con dei pezzetti di cipolla e dopo versate le polpette e appena queste son dorate versate la salsa di pomodoro e fate cuocere per circa mezz'ora.

Fate cuocere a parte le orecchette e conditele con le polpette e il sugo di cui sopra.
Buon appetito

Gioacchino Vilei

sabato 9 gennaio 2010

Vocabolario Salentino-Italiano


Ciao amiche ed amici,
siccome alcuni termini salentini non si usano più e quindi anche i più giovani non sanno il loro significato,ho deciso di fare un vocabolario salentino.Chiedo il vostro aiuto e quindi vi raccomando di inserire i termini che conoscete,non inseriti da me.
Quindi questo argomento è aperto e non è ancora completato del tutto per i motivi sopra esposti.Aspetto i vostri termini dialettali per inserirli.


VOCABOLARIO SALENTINO ITALIANO

LETTERA A

aratinu(aratro)
all'ampete (a piedi)
arburi (alberi)
aciuveddrhi (a nessuno)
arunca-arune (dove)
asculidrhii
(piccola legna)
LETTERA B
basciare (abbassare)
beddrhu(a) (bello-bella)
bracchiata (casa di campagna,dove si tenevano gli animali)
binchiatu (saziato)


brecciulina(per asfaltare le strade si usava la brecciulina,pietra molto dura)


(un modo di dire salentino "u binchiatu nu crite mai u disciunu"-Il sazio non crede mai chi è a digiuno)


LETTERA C

cannarutu(goloso)
caura(granchio)
capiddrhi (capelli)
cascia (cassa per la raccolta della dote)
cavaddrhu (cavallo)
cinere (cenere)
cista (cesto)
cicuredrhe (cicorie di campagna)
caniatu (cognato)
coddrhu (collo)
chinu (colmo)
curtedrhu (coltello)
ccattatu (comprato)
ccucciarsi (coprirsi)
cuttone (cotone)
cucchiara (cucchiaio)
cuscinu (cuscino)
cucinu (cugino)
crai (domani)
carusa (fanciulla)
casu (formaggio)
chisura (fondo agricolo)
caddrhu (gallo)
caddrhina (gallina)
cuntare (parlare)
cchiali (occhiali)
craune (carbone)
ciuvedrhi (nessuno)
chiangire (piangere)
chiazza (piazza)
chianta (pianta)
cute (roccia)
cojere (raccogliere)
chiove (piove)
chianca (pietra piana tipica leccese)
capisutta (sottosopra)
capasa-capasune (raccoglitore-recipiente, usato per la raccolta
di olio,fichi o friselle)
critare (gridare)
cucuzza (zucchina)
cannizzu(frase tipica "casa a cannizzu"-casa con il tetto di canne)
camisola(maglia di lana)

( definizione di "caniatu"-cognato- pezza ncudrhata-pezzo di stoffa cucita)


LETTERA D

dirluttare(ruttare)
darlampare(lampeggiare)
de nanzi(davanti)
de reta(di dietro)
de costi(di lato,di fianco)
duce(dolce)
ddoi(due)


LETTERA E

ete(è)


LETTERA F

frascera(braciere)
fuscire(correre)
fauce(falce)
freve(febbre)
fuiazze(foglie)
furcina(forchetta)
frate(fratello)
fraima(mio fratello)
friseddhre(friselle-pane tipico salentino)
fiata(na fiata-una volta)
farnaru(oggetto per cernere la farina)
farsura(pentola)
farmaggia(farmacia)
furmedrha(bottone)
frisonculi(piccoli pezzi delle friselle)
ferraciucci(maniscalco)


LLETTERA G

gnaunu(tacchino)
giurnu(giorno)


LETTERA I

iancu(bianco)
iddhru(quello)
iernu(inverno)
imbrici(tegole)
insita(alberello d'ulivo)


LETTERA L
liune(legna per accendere il fuoco al camino)
lissia(lesciva-si usava negli anni 50/60 per lavare anche i capelli)
lavaturu(lavatoio)
lucisce(fà alba)
licitu(insipido)
lunitia(lunedì)

(negli anni 50/60 "cullu lavaturu e sapune" se ll'avaune le robbe,altro che lavatrice)


LETTERA M
minaturu(mattarello per la pasta)
manu ritta(mano destra)
manu torta(mano sinistra)
maranci(arance)
marangiane(melanzane)
muddrhati(bagnati)
mmalazzare(ammalarsi)
masiricoi(basilico)
mpudrha(bolla)
minare(buttare)
mena,maniscite(sbrigarsi)
mieru(vino)
municedrhe(lumache,piatto tipico salentino)
mammita(tua madre)
mesciu(maestro)
mazzu(magro)
moia(melma)
martitia(martedì)
mercutia(mercoledì)
menzatia(mezzogiorno)
mele(miele)
mujere(moglie)
muzzicare(mordere)
muntarrune(mucchio)
mpauratu(spaventato)


(il termine mesciu era usato per le figure come il muratore,il calzolaio,il barbiere ecc-Il termine mescia invece soprattutto per le sarte)


LETTERA N

nfiammu(infiammazione)
nfiamare(imbastire)
ndaqualora(contenitore che veniva usata per prendere l'acqua)
nserraia(serratura)
ngraziatu(aggraziato)
nzippi(bastoncini)
nzumpare(saltare)
ncignare(incominciare)
naca(culla)
nchiostru(inchiostro)
none (no)
nucedrhe(noccioline)
natare(nuotare)
nnittare(pulire un frutto)
ngiurita(soprannome)
nicchiaricu(terreno nicchiarico-terreno incolto)
nnulatu(tiempu nnulatu-con le nuvole,nuvoloso)


(i termini "nsirraia e nicchiaricu attualmente sono poco usati e sono molto antichi)


LETTERA O

ota(gira)

(altro detto salentino "ota ca trovi-gira che trovi)


LETTERA P
poscia(tasca)
Puru(anche)
paddrhotta(zolla di terra)
puteca(bottega)
pajaru(casa di pietra di campagna)
piscrai(dopo domani)
pasuli(faggioli)
posperu(fiammifero)
picalò(gazza)
porcu(maiale)
pesciu(peggio)
puddrhasci(pulcini)
pizzulisciare8mangiucchiare)

( i pajari appartengono al passato della nostra storia e vanno valorizzati e salvaguardati-bellissime le foto che trovate nel blog dell'amico Renato D'aurelio)


LETTERA Q

quasette(calze)
quidrhi(quelli)


LETTERA R
rimasuje(quello che rimane...del cibo ..o altro)
razze(braccia)
rranfatu(graffiato)
rumatu(letame)
ricchie(orecche)
rusciu(rumore)


LETTERA S

scalune(scalino)
sirma(mio padre)
sarmenti(piccola legna)
stipu(ripostiglio)
scunnire(nascondersi)
ssucare(asciugare)
scarparu(calzolaio)
sgarrata(demolita)
siminselle(chiodi piccoli)
scurdare(dimenticarsi)
spicciare(finire)
stijune(geco)
sciurnata(giornata)
sarica(lucertola)
sannucchiu(singhiozzo)
sine(si)
sorma(mia sorella)
scencu(vitello)

(siminselle era un termine molto usato presso i calzolai)

LETTERA T

tostu(duro)
trasi(entra)
tumminata(metà ettaro di terra)
teni(hai)
tegnu(ho)
tignusi(è il soprannome degli abitanti di Giurdignano)
tarlosci(orologio)
tarlusciaru(quello che ripara gli orologi)
turcire(piegare)
tiraletti( telai per il tabacco)

(i tiraletti non si vedono più in giro ma negli anni 70 si vedevano per le strade sia di Giurdignano che di altri paesi)


LETTERA U

urpe(volpe)
ulie(olive)

LETTERA V

vanzare(crescere)
viddrhicu(ombellico)
vagnoni(ragazzi)
vancutedrhu(sgabello)
vinirdia(venerdì)

(anche i vancutedrhi non si vedono più in giro-Guardate la foto sul blog-Era il posto dove i bambini si sedevano negli anni 50/60)

LETTERA Z

ziccare(afferrare)
zita(fidanzata)
zinzale(zanzara)

venerdì 8 gennaio 2010

Le poesie di Gioacchino Vilei in dialetto salentino


Ciao amici ed amiche,
queste poesie non sono state scritte nè da un poeta nè da uno scrittore,ma da una persona come voi che ha voluto mettere per iscritto quanto l'ha colpito nella sua fanciullezza nel suo paese natio,Giurdignano:persone,cose,modi di fare,usanze e costumi.
La raccolta è del 1991,in dialetto Giurdignanese.
Ho dedicato questa raccolta alle mie figlie,Annalisa,Silvia,Stefania,a mia madre e a tutti gli amici di quei tempi,i meravigliosi anni 60.



NATALE
(dedicata alle mie figlie:Annalisa-Silvia-Stefania)

Fije mei,
lu Natale de tanti anni rretu
quannu iou eru piccinnu comu ui
nautra cosa era.
Nove giurni prima de Natale,
la nuvena ncuminciava
e lu papà osciu
la mmane mprima se zava
e poi tuttu nsunnatu
alla chiesa rriava.
Tu scendi dalle stelle
se cantava e
aria de festa se sintia.

Alla scola poi,
la letterina de Natale se scrivia
e la recita e la poesia se mparava.
La notte de natale,
tutti riuniti nanzi lu cantune
le mengule se cazzaune
e a "chirifì chirifò sciucaune.

Lu giurnu de Natale
cullu vestitu nou
a missa sciane.
A menzatie
la letterina de natale sutta
lu piattu de patrima mintia,
li sordi spittava
ca li simenti e li lupini
mera ccattare.

Tante belle cose se mangiaune
ma specialmente le pittule
le cartidrhate e li cunfritti cullu mele.
Nun c'erene tutti li regali de moi
ca tiniti ui a Natale
sutta l'albero:sia ca li regali
se faciune alla festa
della befana,sia ca
nun c'erene li sordi de moi.

Quistu era lu Natale
de lu papà osciu,poveru ma bellu:
quannu divintati cranni
cuntatulu alli fiji osci



(commento personale)
Il Natale di oggi è sicuramente diverso, ma forse si son persi i valori cristiani e c'è troppo consumismo.Regali.....regali....regali....forse troppi.




LU FESTIVALLA
(dedicata all'amico Luigi Bruno)

Quanta fatica,quanta pascenza
per fare lu festivalla a Giurdignanu nosciu.

Propriu nu festivalla
alla grande,cullu complessu
antrà lu trappitu;
si,propriu trappitu
trasformatu in teatru.

Nussù chiacchere,ma è veru
sulu ci ha faticatu
lu po sapire.

Nu mese e forse cchiui
lu trappitu a pulizzare ncuminciamme
e a provare le canzuni
cullu complessu "i pipistrelli"

Poi lu palcu,culli banchi
dell'asilu preparamme,
poi tutte le meju tuvaje e
lenzuli de la dote le fimmine
ne pristara.

Era bellu,mutu bellu.
Li cantanti,la giuria,lu presentatore,
lu complessu,la premiazione;propriu comu a Sanremu,
e puru nu picca de invidia e d'emozione
i cantanti tiniane.

E le canzuni ? belle....belle
"bandiera gialla-nessuno mi può giudicare-ban bang-la fisarmonica ecc ecc "

E lu guadagnu ? Mutu,mutu,
appena pe na pizza antrà lu "ziu Cicciu"

E la soddisfazione?
Tanta...tanta...veramente



(Commento personale)
Dopo tanti anni c'è ancora la gente di Giurdignano che ricorda con piacere questo avvenimento,unico soprattutto per quei tempi.Ed è evidente che la cosa non può che farmi piacere.Parliamo del febbraio del 1967.




GIURDIGNANU NOSCIU
(dedicata a fraima lu Ginu)

Giurdignanu nosciu
nunnè grande,ne bellu
ma caratteristicu e
cu tanti monumenti antichi
e tanti bravi cristiani:
li dolmen,li menhir,
centuporte,la chiesa bizantina
e soprattuttu la
culonna de santu Roccu

Moi s'è puru rimodernatu,
culla trattoria degli amici
e lu locale Nostra signora dei turchi.

Giurdignanu nu tene lu mare
ma d'estate tene tanti turisti
Giurdignanesi ca stannu luntani
e tanti cristiani ca venene in vacanza.

E' caratteristicu per le
sue case bianche,basse,e
famosu poi per le feste patronali:
Santu Roccu,San Giuseppe,
la fera della Madonna del Rosario
e tante autre.

Giurdignanu,sij grande!!!!!



(commento personale)
Giurdignano è un piccolo centro ma ricco di storia.Qualcosa l'amministrazione sta valorizzando e spero che continui a farlo col palazzo Baronale e con Centoporte




LA FESTA DE SANTU ROCCU
(dedicata all'amico Pino Corchia)

E' spicciatu lu tiempu
quannu cu tanta ansia
la festa de Santu Roccu se spittava.

Nu mese prima o forse cchiui
la casa se llattava,
poi allu vestitu se pinsava.
Ci putia,tuttu confezionatu
se lu ccattava,ci nu putia
la stoffa allu mercatu se pijava
e lu mesciu ne la cusia.
Se era pussibile puru
le scarpe nove ne ccattaune;
dipinnia se l'annata era bona
e se no quidre de la uttisciana
culla crema ne pulizaune.

Na simana prima ,la parazione rriava
e nui vagnoni ancontru lu carru sciane.
La festa poi se spittava,
anzi la viscilia
ca le barracche riaune e
versu sira sintivi critare:
Lu Costa osciu,belle e caute le nuscedrhe

La sira la processione se facia
lu Sindacu la stola se mintia
e dopu la funzione e lu Te Deum
la serata antrà la Tunata
cu nu pezzettu,menzu quintu
e na gassosa se spicciava.

La mmane de la festa la banda
lu paese era girare
e puru se facia cautu,
nun c'era nienti de fare.
Poi alla missa cantata
tutti erane scire
ca lu panegiricu erene sintire
de nu predicatore vinutu de luntanu
e guai a idrhu se nu parlava de li miraculi
de Santu Roccu e se nu spicciava la predica
culli benedici....benedici...

Spicciata la missa
subitu a casa sciune a mangiare
la pasta cullu sucu,lu lacciu,lu milune,anzi ddoi miluni:
unu de acqua e unu de pane.

La sira tutti cangiati
cullu vestitu nou
le banne se spittaune:
una de na vanna e una de l'autra
percè s'erene ncuntrare a
menzu la chiazza sunannu la
marcia triunfale.

Poi ncuminciava la serata
e le banne se alternaune
a sunare li pezzi d'opera lirica.

Alla fine culli fochi
la festa se spicciava
e stracchi e strutti a
durmire sciune.

Quista era la festa de Santu Roccu
de tanti anni rretu: E Moi?


(commento personale)
La festa di San Rocco resta sempre la grande festa del paese.Personalmente penso che senza cambiare le tradizioni,in qualche modo bisogna trovare delle soluzioni per cambiare qualcosa



UTRANTU MEU
(dedicata a fraima lu Pipii)

Utrantu,si statu sempre bellu
e a mie mutu caru,
sia moi sia quannu eru vagnone;
me sentu na cosa ntra lu core
quannu sentu parlare de tie.

La spiaggia preferita
era la punta.
Certe fiate vinia cu lu trainu
oppuru culla vespa ca tannu
sulu patrima tinia a Giurdignanu.

E poi...lu bagnu...anzi
tanti bagni allu mare piccinnu,
antrà li cuti me facia.
A menzatie poi,propriu sulli cuti
mangiavane la pasta sciutta
ca nerene purtata de casa
e puru lu milune.

Comu era bellu
comu me piacia sciucare
cu fraima lu Pippi e culli
amici mei.

Moi,maggiu fattu cranne
nu te visciu comu prima
percè stau luntanu,
tie si divintatu mpurtante
ma pe mie si sempre comu prima.

Utrantu,puru ca nussù de quai,
nulli face nienti:fane finta ca teni
nu fiju de cchiui.


(commento personale)
Otranto mi è sempre piaciuta e adesso è conosciutissima e ha avuto forse uno sviluppo eccessivo.La spiaggia lascia un pò a desiderare rispetto agli alimini,all'orte ed altro



MAMMA
(dedicata a mia madre)

Poeti,cantanti,scrittori,artisti
tutti hannu scrittu versi insuperabili
pe la mamma.

Iou nu su nienti rispettu a quisti,
ma nu boiu fazzu cattiva ficura
propriu cu signuria,Mamma.

Ce taggiu dire?
tante cose,ma soprattuttu
ca stampi comu lu tou
nun ci ne cchiui.
Sempre disponibile,premurosa,
sicura e curretta cu tutti.

Nu face nienti ca lu Signore
ta date tante sofferenze de ogni tipu:
Signuria si stata sempre cranne e l'hai
superate sempre cu rassegnazione.

Prima de tuttu li fiji toi,poi l'autri
e poi se è statu possibile,hai pinsatu pe Signuria;
ma sta possibilità è rimasta spessu nu sognu.

Mamma moi me manchi tantu a Milanu
ma speru cu tornu quantu prima
a Giurdignanu.

Jou e li fiji toi te dicimu grazie,
Mamma,de quidrhu ca hai fattu pe nui


(commento personale)
Mia mamma è stata la persona più importante della mia vita e anche se son trascorsi 10 anni dalla sua morte mi manca sempre tanto.


L'AMICI MEI
(dedicata al grande amico Donato Accoto)

Naturalmente nu possu
cu ve nominu tutti
ma cu quistu scrittu
oiu cu ve salutu e ringraziu.

Nui meridionali,o comu dicune
a Milanu,nui terroni,simu stati
costretti quasi tutti a
ssire de casa noscia e cusì
nimu persi de vista.

Belli tiempi li nosci
quannu spensierati
ssiune a menzu la chiazza ed
erane li meiu de tutti.

Bastavane cinquecentu lire ppitunu
e allu restu pinsava l'amicu nosciu:
benzina,macchina,pizza,cinema.

Bastava na belvedere o na cinquecentu familiare
cu ne rinnia felici e poi quarche vagnona
alle feste de ballu se truava sempre.

Menzu quintu,na gassosa,do lupini,
quattru chiacchere e cusì passava
la duminica.

A tutti quanti nu salutu sinceru
de namicu sinceru:l'amicu osciu....
u CChinu o comu dicune a Milanu
Gio' o Gion


(commento personale)
Donato è stato e fortunatamente è ancora il mio più caro amico d'infazia .Continuiamo a essere ancora insieme spesso e a divertirci.



LU CHIERICHETTU

Quannu erane vagnoni
più o meno tutti quanti
imu fattu li chierichetti
iou forse cchiui de l'autri
percè su sciutu puru in seminariu.

Comu pariune belli
culla cotta ianca
e comu me piacia quannu
putia fare lu capu chierichettu.
Lu capu chierichettu era quiru
ca purtava l'incensiere.

Iou e l'autri chierichetti
spittaune la duminica percè
lu preite ne tia la mancia.

Poi tutte le vagnone
ne guardaune e viniane nposta
a missa cu ne vitiane.

Dopu la missa,poi,
allu pallone sciucaune e
quarche fiata puru
allu biiardinu.

E moi ?


(commento personale)
Altri tempi quelli del chierichetto.Non c'era l'oratorio come adesso,ma la parrocchia era sempre un punto d'incontro



LE FESTE NOSCE
(dedicata all'amico Salvatore Rizzuni)

Belle erene le feste nosce
chine soprattuttu de masculi
ca le fimmine era difficile
cu viniane tannu.

A casa mia era lu puntu d'incontru
ccattaune l'occorrente
cacciannu tantu a pitunu.

Capudannu era caratteristicu
percè qualche amicu facia sparire
a sjrisa li cunij e poi
mamma Abbondanza li prepararava
culle patate allu tianu.

Famosu poi era divintatu
lu spruzzatore,era n'amicu
ca lu faciune ridere e poi
ne spruzzava tutti culla
ucca china de mieru.

Quannu poi le fimmine
nu viniane alle feste
cu na barzelletta,nu bbhieri de mieru
o de chinottu o rumpinnu bicchieri
se passava lu stessu la serata.

Belle erene le feste nosce
soprattuttu quannu se riuscia
a ballare li lenti o quannu
certi amici viniane a sunare culle chitarre;
nui nsomma ne ccuntinaune de picca.

E moi?
moi purtroppu,droga,delinquenza,
macchine de grossa cilindrata
e tanti....tanti sordi.
per fortunaci suntu puru
li bravi vagnoni.

(commento personale)

Altri tempi....altre emozioni....bastavano pochi soldi per essere felici.

MILANU

Vinire a Milanu
era ed ete lu sognu
de tutti li giovani.

Iou a diciannove anni
su vinutu a Milanu,
ma no pè visitare la città
ma per lavoru.

Spicciate le scole
cc'era fare a Giurdignanu?
Spittare nu postu,
fare lu vacabondu,
ma quistu nun era possibile.

E cusì iou ca nun era sciutu
cchiù luntanu de lecce me
truvai sperdutu antrà
la nebbia,trammi,semafori e
tanta,tanta gente.

E' bastatu picca però
ca aggiu mparatu tuttu,
puru cu mangiu la polenta,
lu gorgonzola e la cotoletta.

Milanu,nu te offendere
mai tate tante soddisfazioni,
sii na grande città,sacciu
vita e miraculi de tie,ma lu
core meu è a Giurdignanu.

E' veru puru ca se dice:
Milan le un gran Milan,
ma Giurdignanu,le pu se gran.

(commento personale)
L'ultima poesia non è per caso dedicata a Milano in quanto rappresenta una pagina che si chiude(salento)e una pagina che si apre.Ma il Salento resta sempre nel mio cuore pur essendo ormai da 43 anni a Milano.Spero di allungare questa raccolta con la pagina di Milano e degli anni e avvenimenti vissuti.


Un caloroso saluto a tutti

Gioacchino Vilei

giovedì 7 gennaio 2010

Le capase,li capasuni,le fiche,le frisedrhe


Ciao amiche ed amici,
chi non è più molto giovane come me,ricorderà negli anni 50/60 si usavano le "capase o li capasuni" per mettere i fichi secchi arrostiti e le friselle.

Ricordo ancora mia nonna tutta indaffarata per la preparazione dell'impasto per il pane e le friselle che poi portava in un forno vicino casa(via Roma)-La quantità di pane doveva durare circa un mese e poi c'erano le friselle che si mettevano nella "capasa o capasune".

Anche per i fichi la preparazione era molto lunga;venivano raccolti,spaccati,messi al sole e quando erano ben asciutti si adornavano con le mandorle,una foglia d'alloro e poi venivano infornati-

Venivano messi anche questi nella "capasa o capasune" e si usavano durante l'inverno o come frutta o colazione al mattino.

Ricordo una volta che c'era "u capasune" molto alto e io ero piccolo e dovevo prendere la rincorsa per riuscire ad aggrapparmi e prendere i fichi.
Ricordo infine,che fichi e friselle si portavano a scuola per la merenda alle 10altro che briosches attuali.........

Attualmente "le capase e capasuni " vengono usate come porta vasi o altro.

Spero proprio che questi ricordi amici ed amiche vi emozionano,come del resto mi documentate sempre con i vostri post.

Se avete vostre esperienze in proposito,scrivetele e non vi preoccupate della forma perchè quello che conta è ricordare e non siamo nè a scuola con i professori nè all'accademia della scrusca.
Un caro saluto a tutti voi
Gioacchino Vilei

sabato 2 gennaio 2010

Orecchette e cime di rape alla Gio'(cliccate qui per vedere il video di Nonna Stella)


Ciao amiche ed amici,
vi propongo una ricetta tipicamente Salentina e Pugliese in genere di cui sicuramente avrete sentito parlare.Prendo lo spunto perchè proprio oggi,al mercato rionale di Legnano ho trovato le cime di rape in una bancarella Pugliese.Certamente,non sono proprio uguali a quelle che mi faceva trovare mia mamma andando a Giurdignano ma bisogna accontentarsi.In compenso le orecchette sono quelle della mia amica Giulia che ho conservato in frizer da quest'estate.
Ricordo ancora mia mamma,prima di partire mi diceva "ho già ordinato da Pierino le rape"-La mattina poi,andando a messa,vedeva Pierino con l'ape e si raccomandava ancora di tenerle da parte le rape perchè "è rivatu u fiju meu"-
Che bei ricordi,che teneri ricordi !!!!

E' una pietanza semplice e tipica di questo periodo.
Se volete cimentarvi,eccovi la ricetta.


INGREDIENTI PER 4 PERSONE

- 400 g di orecchiette
- 400 g di cime di rapa
- 4 cucchiai di olio extravergine di oliva
- 2 spicchi di aglio
- circa 7 o 9 filetti di acciuga sotto sale o sott'olio
- sale e peperoncino

Prima pulite le cime selezionandole dal gambo e lasciando qualche foglia piccola.

Lavate accuratamente ciò che avete selezionato.

Tagliate a cubetti l'aglio e fatelo rosolare a fuoco molto basso nell'olio extravergine di oliva possibilmente del Salento utilizzando una padella grande.

Aggiungete le acciughe spezzettate e fatele sciogliere schiacciandole con un cucchiaio di legno.

Versate le orecchiette in acqua salata bollente e dopo circa 8 minuti unite le cime di rapa e portate a termine la cottura preferibilmente sia la pasta che le verdure dovranno essere al dente.

Scolate le orecchiette e cime e versatele nella padella con l'olio e fate saltare per 1 minuto e servite condendo con peperoncino abbondante.

Un consiglio:potete anche surgelare le cime di rapa già cotte e utilizzarle per la volta successiva qualora fossero abbondanti.
Ci sono delle varianti nella preparazione di questa pietanza e per questo potete vedere il video di Nonna Stella di Bari

Buon appetito

Gioacchino Vilei

venerdì 1 gennaio 2010

Giurdignano e la sua abazia di Centoporte


Ciao amiche ed amici,

il primo argomento del 2010 voglio dedicarlo alla mia Giurdignano.
Con immenso piacere ho letto in questi giorni che la Regione Puglia ha stanziato una somma per la ristrutturazione del palazzo baronale di Giurdignano.Mi auguro che vengano stanziati anche dei soldi per l'abazia di Centoporte,in modo che possano essere fatti lavori di ristrutturazione e conservazione di questa opera straordinaria.

Si tratta di un'Abbazia di origine bizantina di cui oggi rimangono solo pochi ruderi. È ubicata a Giurdignano a circa 1,4 km dal centro abitato imboccando la strada che dalla piazza del paese si dirige verso il menhir "Croce della Fausa" e che prosegue fino ad arrivare alla SS 16 Maglie Otranto.
Il suo nome "centoporte" deriva dal gran numero di finestre di cui la struttura era dotata.

Secondo alcuni studiosi(tra questi il Prof Paul Arthur),gli scavi condotti a Le Centoporte hanno chiarito alcune fasi relative alla vita della chiesa monumentale che sorge nelle campagne intorno ad Otranto. Venne costruita come chiesa basilicale a tre navate con abside poligonale e nartece, intorno alla prima metà del VI secolo, utilizzando materiale lapideo di reimpiego.

Trova confronti con una serie di chiese tipiche dell'Impero d'Oriente, compresa quella di S. Giovanni di Studios, a Istanbul, databile alla metà del V secolo d.C. Una serie di indizi suggerisce che Le Centoporte fosse dedicato ai SS. Martiri Cosma e Damiano, particolarmente venerati da Giustiniano.
L'edifico di prima fase, mai completato, è stato riutilizzato come nucleo di un complesso, probabilmente monastico, che si sviluppa dal VII secolo in poi. La navata centrale viene invasa da due edifici; uno probabilmente una cappella, inserita nella zona absidale, e l'altro forse un refettorio-dormitorio, decorato con affreschi dipinti. Quasi tutte le aperture all'esterno della basilica vengono tamponate, apparentemente per realizzare un piccolo monastero fortificato italo-greco. Una sepoltura rinvenuta in associazione a questa fase del complesso è di un maschio adulto di ca. 30-40 anni di età, che sembra aver sofferto di un melangioma o tumore al cervello L'utilizzo di questo complesso monastico sembra continuare sino almeno l'XI secolo, dopo di ché venne abbandonato per poi, successivamente, essere utilizzato come cava di materiali edili per il vicino paese di Giurdignano.

Un caloroso abbraccio a tutti voi e buon anno 2010
Gioacchino Vilei