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Ciao amiche ed amici,
la coltivazione del tabacco anticamente era assoggettata a delle regole.A chi ne faceva richiesta veniva assegnata una superfice da coltivare con un quantitativo in proprorzione da piantare.Tutto era controllato da finanzieri e quindi dallo Stato.Una fatica enorme per piantare,raccogliere e seccare il tabacco.
Poi negli anni 80/90 -i mezzi meccanici hanno alleviato queste fatiche.Il prodotto veniva venduto alle manifatture dove lavoravano le cosidette tabacchine(ricordo ancora che mia madre mi diceva che andava alla manifattura ad Uggiano a piedi durante la guerra del 40/46)che provvedevano alla lavorazione e trasformazione del tabacco in sigarette.Le tabacchine furono impegnate nel corso degli anni nelle varie lotte per la rivendicazione dei propri diritti(ved video).
Oggi il tabacco nel Salento è quasi un ricordo.Per diversi anni lo Stato ha pagato i cittadini per non coltivare il tabacco a causa della diminuzione dei consumi di sigarette.
Una delle foto in questo post si riferisce proprio agli anni 70(Via Circo-Giurdignano)-vicino casa mia ,ai "tiraletti "-dove veniva lasciato il tabacco,infilato nelle "nserte"-perchè essiccasse al sole.
Antonio Damiano,uno scrittore Salentino,che ho avuto il piacere di conoscere ad un incontro organizzato dall'associazione culturale Pugliese di Milano,fotografa questa realtà,in una sua poesia che ora vi trascrivo.
"Quannu se facia tabaccu"
Quarch'annu rreta,quira t'u tabaccu,
era nna fatica ca te tinia
ttaccatu cullu tiempu e cullu saccu
già te quannu a sciurnata lluciscia.
Quannu s'erine mpizzare dhe chiante,
li cunti le famije se vitiune
e dhe fimmine l'iune fare sante
ca cu nne caccine e spese sapiune.
E quanta te acqua e sule su ddha terra,
pe' dhu tabaccu cu vvanzava mutu
e cullu tiempu fiaccu se facia cuerra
ca nu ccriscia come nu patutu!
Ricordu ncora quannu nc'era a ccota,
ci faticava,picca se vitia
ntra ddhi filari tantu tisi,ogn'ota,
finchè l'urtima foija rrimania.
E quant'erine belli dhi mumenti
quannu dhe foije s'iune nfilare
e puru ca nu tte tuccava nienti,
spicciavi llecru sintennu cantare.
Sulle nserte dhu tabaccu siccatu,
a ppisu vinia poi vinnitu,
ma,dopu,a ci cchiui s'ha mmaliziatu
e piccatu c'an fumu se n'è sciutu.
Un caro saluto
Gioacchino Vilei
Quando viveva ancora Michelino Tecci ed aveva ancora il frantoio in via San Cosma , io mi sono fermata ad osservare il lavoro delle donne che infilavano il tabacco ,poi ho chiesto se potevo provare, per venti minuti ho infilato tabacco ,alla fine le dita erano appiccicose e nere e la posizione era mica tanto confortevole. Perciò potete immaginare che lavoro pesante anche se si stava seduti .
RispondiEliminaIntanto che infilavano tabacco le donne raccontavano i fatti del paese oppure cantavano.
E' vero Elda,
RispondiEliminaio no ho mai provato ma me lo diceva mia mamma che andava ad aiutare mio zio ad infilare tabacco.
grazie siamo sempre di più...facciamo conoscere di più il nostro salento...sai ho preso la ricetta dei pampasciuni... grazie
RispondiEliminaCiao salentinastilosa,grazie d'aver visitato il mio blog.Il mio scopo è proprio quello di far conoscere il salento,con le sue tradizione e la ua storia.Fammi sapere come va con i pampasciuni e torna a guardare il blog.Di dove sei ?
RispondiEliminaUn saluto
Gioacchino