Ciao amiche ed amici Salentini e non,
c'è un detto che recita"paese che vai,usanze che trovi"-
Anche per San Martino,nel Salento,ci sono delle usanze diverse rispetto a Milano e a tutto il nord-
Il giorno di San Martino è un'occasione per stare insieme agli amici,fare quattro chiacchere e bere il vino novello(possibilmente senza ubriacarsi).
Ricordiamo invece tutti la famosa poesia di Giosuè Carducci "San Martino"-che abbiamo imparato a memoria alle elementari.
Oggi,sul gruppo di facebook,"cultura salentina"Giancarlo Budano,ha pubblicato l'articolo che segue che descrive molto bene questa usanza.
San Martino
11 Novembre 2009 di Pier Paolo Tarsi
Due personaggi copertinesi d’inizio novecento: Vincenzo Raganato in compagnia di un suo amico (gentilmente concessa dalla docente Flavia Tarantino)
11 novembre di un paio d’anni fa. Milano. Ora di cena. Mi annoiavo e presi il telefono. «Che fate di bello stasera?» esordii da un capo dell’apparecchio, e, dall’altro, molto più a Sud di dove fossi io, a mille e più chilometri di distanza, un mio vecchio amico mi rispondeva sbigottito e forse già un po’ brillo: «Comu cce sta facimu!? Osce è santu Martinu, no!?» («Come cosa facciamo?! Oggi è san Martino no!?»).
La risposta stava a significare che la mia domanda risultava davvero pleonastica e superflua, perché a San Martino nel Salento tutti sanno cosa si fa, persino i bambini, costretti per l’occasione a recitare di mattina, nelle aule scolastiche, le solite poesie inneggianti al Santo e, di sera, a seguire i genitori ai raduni per i grandi cenoni in nutrita e chiassosa comitiva, con il giovane vino in tavola a troneggiare da protagonista assoluto della nottata, quando, al calare delle prime tenebre, la rievocazione delle virtù del Santo vengono spodestate dal mondano tintinnare continuato dei calici di vino novello. Già, non mi ero neanche accorto, di là dove ero in quei giorni, che fosse giunta la beata sera di San Martino!
Questa ricorrenza conserva infatti ancora – per quanto io sappia – una sua specifica valenza significativa e un suo rituale obbligato solo nel Salento, terra dove al Santo si dedica una festa comandata e importante, allegra, profana e gaudente, occasione per la quale secoli e secoli di cristianesimo non sono ancora bastati a sovrapporre un significato religioso al più pagano, dionisiaco, atavico e tuttora superstite inneggiare di un mondo contadino all’avvenuta vinificazione del dono strappato con fatica alla madre-terra.
Per questa ricorrenza allora in alto i calici e versi in abbondanza del poeta copertinese Antonio Gala, capaci di restituire alcune tonalità dell’atmosfera delle notti di santu Martinu.
Ah, dimenticavo, la mia serata milanese trascorse pacatamente, con un film discreto e qualche goccio di un vino passabile a farmi compagnia, bevuto in ogni caso allegramente, alla salute della mia terra e degli amici lontani, chiacchieroni, brilli e per l’occasione senza dubbio molto indaffarati.
di Antonio Gala
SANTU MARTINU
Si scarfannu la sera ti Santu Martinu
annanzi allu fuecu, cu nu ‘rsulu ti vìnu.
Eranu sprinzate li utti e li uzzeddre,
cu sapuranu lu casu puntu e li nuceddre.
Si scaldavano la sera di San Martino,
vicino al camino, con un boccale di vino.
Si stappavano le botti ed altri recipienti
per gustare formaggio punto e vari ingredienti.
Un caro saluto a tutti voi
Gioacchino Vilei
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